Ha fatto ballare intere generazioni, tenuto incollati i giovani dell’epoca pur di ascoltare il singolo del momento e oggi è uno degli oggetti vintage più in voga. Domani l’amato jukebox compie 134 anni di onorata carriera. Il suo esordio risale alla sera del 23 novembre 1889 al Palais Royale Saloon di San Francisco, davanti agli occhi increduli del suo stesso inventore Louis Glass e del socio William Arnold.
Aveva un nome differente e somigliava per grandi linee al fonografo, ideato da Thomas Edison qualche anno prima. Si chiamava “Nickel in the slot player” ovvero “lettore musicale con monetina in fessura” e infatti occorrevano soltanto 5 centesimi di dollaro per far partire la musica, una scoperta che di fatto anticipò la radio, ottenendo da subito notevoli riscontri. La vera svolta per questo rivoluzionario strumento elettronico arrivò però nel 1927 quando venne prodotto il primo dispositivo capace di suonare, su entrambi i lati, dieci dischi. Da allora prese il via una gara tra competitors su chi fosse maggiormente in grado di realizzare quello più moderno, stravagante e che soprattutto potesse selezionare quanti più dischi possibile.
Ha fatto ballare intere generazioni. Oggi è cool avere un Jukebox. Costi quel che costi
Fu la Wurlitzer a diventare in breve tempo il marchio leader nel settore per alcune intuizioni che si rivelarono di lì a poco fortemente innovative. Negli anni del dopoguerra in America c’era un irrefrenabile desiderio di divertimento, tangibile nelle strade e nei locali; tra le novità introdotte ci fu quella delle dimensioni del mezzo, che diventava adattabile alle collocazioni più svariate, ma anche – come diremmo oggi – multitasking, e quindi capace di adempiere alle più disparate funzioni come, ad esempio, dispensare foto di giovani intenti a danzare.
Per la forma ad arco rotondeggiante e dai toni sgargianti si dovranno aspettare invece gli anni ’40. Come prevedibile la concorrenza fu spietata e in poco tempo la leadership fu letteralmente strappata dalla Seeburg che, rilanciò producendo per prima uno strumento decorato con le famose plastiche illuminate e che potesse contenere 100 dischi, cinque volte in più rispetto a quelli esistenti. L’adattabilità del macchinario decretò la spinta decisiva per il suo approdo nel Vecchio Continente.
In Italia comparve a inizio anni ’50 e fece subito tendenza, in particolare tra i giovani. Poco rilevante la preferenza musicale, il jukebox accontentò tutti e regalò spensieratezza in un Paese che, aveva voglia di ripartire. Da Elvis ai Beatles, dai Venus a Modugno ce n’era per tutti i gusti. Bastava inserire 100 lire per poter ascoltare tre canzoni, selezionate tra quelle presenti nell’archivio, inizialmente composto da 24, poi 50, fino ad arrivare a 100 dischi in vinile a 45 giri. Quelli furono gli anni d’oro per lo strumento che ha fatto sognare generazioni a ritmo de “Il ballo della mattone” di Rita Pavone.
Di grande successo fino agli anni sessanta, pagò l’avvento delle radio locali per poi trasformarsi in oggetto di culto
Purtroppo, come ogni oggetto pure il jukebox aveva il suo tempo di scadenza, e l’avvento delle radio private, con la musica no stop, sancì la messa in soffitta del macchinario multicolor. Chi segue la moda però, sa bene dei ritorni ciclici dei prodotti e, tra i vari revival è incluso da tempo anche il jukebox. Sono moltissimi, infatti, gli amanti del cosiddetto “old style” che, all’interno di ristoranti, saloni, pub o anche nelle proprie abitazioni, hanno rispolverato l’antico dispositivo elettronico. La storia intramontabile di un mito che, nonostante qualche anno in più, continua ad essere tra i più affascinanti al mondo.