Nella Capitale si torna a parlare di Metro D, la quarta linea romana, quella che dovrebbe collegare il sud della città alla parte nord-est, dall’Eur fino a Montesacro-Talenti: 20 chilometri per 22 fermate. Si tratta in realtà di un progetto che risale a molti anni fa e che il sindaco Roberto Gualtieri aveva promesso di riprendere. Nel suo programma elettorale, in effetti, nel paragrafo relativo alla “cura del ferro”, il sindaco dem dichiarava l’intento di “riprendere le attività progettuali relative ai prolungamenti delle linee A, B, B1 e della linea D, definirne la sequenza attuativa e reperire i finanziamenti per l’avvio della fase di realizzazione”.
Il piano per realizzare la Metro D, pensato quasi 20 anni fa, non è più ritenuto conveniente dalla Giunta Gualtieri
A dicembre scorso era stato l’assessore ai trasporti, Eugenio Patanè, a ritornare sulla questione annunciando l’affidamento a Roma Metropolitane del prolungamento delle linee A e B e il progetto della D, dicendo che il 2023 sarebbe stato occupato per Roma Metropolitane “nella progettazione e rifacimento dei progetti delle linee romane”. In quasi un anno, però, non si è mosso nulla, ma la promessa è stata adesso ribadita, giusto qualche giorno fa, da Gualtieri in persona in occasione della presentazione del secondo Rapporto alla città.
Ma quali sarebbero le tempistiche? Nelle intenzioni, il cantiere della linea D dovrebbe aprire entro il 2030. Ma, prima del quando, c’è da chiarire il come. Sì, perché anni fa, precisamente nel 2005, si era parlato della possibilità di una commistione pubblico-privato, con un project financing al 50%. Nel 2015, poi, l’allora assessore ai Trasporti, Guido Improta, aveva presentato un provvedimento per revocare definitivamente l’incarico di promotore alla società Condotte. Come si legge sul sito del Comitato Metro x Roma, “Condotte aveva redatto solo il progetto preliminare di un’opera dal costo totale di 2,7 miliardi più Iva. Un costo diviso in due parti: 50% a carico del Comune attraverso mutui, e 50% a carico dei privati, che in cambio avrebbero avuto la concessione della linea per 20 anni, un canone annuo di 147 milioni, sempre per due decenni, e soprattutto i diritti a lottizzare una quantità molto elevata, ma ancora imprecisata, di terreni comunali sui quali costruire palazzi ed edifici destinati all’edilizia residenziale nei quartieri a nord-est della città”.
Secondo Patanè, il project financing così come era stato pensato inizialmente comunque non conviene: “O viene presentato un piano economico finanziario che sia conveniente per l’amministrazione”, ha detto l’assessore, “oppure faremo da soli”. Ma come? “Possiamo fare la project review col fondo di rotazione”, ha spiegato l’assessore, “chiedere soldi al governo per una parte iniziale dei lavori, fare la gara e realizzarla noi”. Una serie di idee tutte da chiarire da cui emerge, però, una indubbia situazione di incertezza.
Ferrara: “Stiamo parlando di un progetto complessissimo e delicatissimo, che non può essere raffazzonato alla bell’e meglio”
“Se ci si limita a mettere delle pezze a un progetto così vecchio”, ha commentato il consigliere capitolino M5S, Paolo Ferrara, raggiunto da La Notizia, “si rischia solo di fare un pastrocchio. Per esempio, c’è stato uno studio accurato dell’impatto dei cantieri sul traffico? Nelle stazioni della D è già stato previsto uno spazio per le bike box, o per i monopattini? Si è pensato, magari, ai collegamenti con le piste ciclabili per favorire la mobilità attiva? E come si gestirà la fermata di piazza Venezia, che attualmente è in costruzione ma che a questo punto dovrebbe ospitare pure la linea D? Dobbiamo renderci conto che stiamo parlando di un progetto complessissimo e delicatissimo, che non può essere raffazzonato alla bell’e meglio. Vigileremo sull’operato della Giunta per evitare gli ennesimi cantieri infiniti e approssimativi”, ha concluso.