L’omicidio terribile della giovane Giulia Cecchettin è solo l’ultimo di una serie interminabile ed agghiacciante di femminicidi. È un’emergenza divenuta orribile normalità nel nostro Paese. Le vittime hanno un nome solo: le donne. E i carnefici hanno un solo nome: gli uomini, di ogni età e classe sociale. Le donne continuano a subire quotidianamente violenze di ogni genere ed in ogni luogo: psicologiche, lavorative, morali, fisiche.
E la statistica non rende l’enormità del fenomeno perché non tutte denunciano. Quindi conosciamo solo i casi più eclatanti ed efferati. E non di rado vengono scoraggiate a denunciare quelli che poi divengono assassini. Perciò è necessario lavorare su pedagogia culturale ed educazione sessuale sin dai primi anni di scuola. Vanno approvate leggi che tutelino in maniera più efficace le vittime sin dai primi segnali di violenza.
Magistratura e forze di polizia, ed in genere tutte le forze addette alla prevenzione ed alla repressione, debbono considerare una priorità nazionale i femminicidi. La donna non si deve mai più sentire presunta colpevole solo per essere donna. Come si è vestita, se l’è cercata, ha bevuto, ha provocato, il maschio però era di buona famiglia, una persona perbene… basta con questi stereotipi culturali inaccettabili. Si deve definitivamente abbattere ogni residuo di patriarcato e rigurgito machista per porre fine ad ogni discriminazione di genere e per il trionfo definitivo dell’uguaglianza.
In Italia il modello pedagogico, culturale e professionale mette ancora troppo l’uomo sopra a un piedistallo. E questo senza che ci sia alcuna copertura costituzionale. Ricordo con orgoglio che una delle prime delibere che adottammo quando divenni Sindaco nel 2011 fu quella della costituzione di parte civile nei processi di femminicidio. Così come la previsione di più centri antiviolenza in ogni municipalità e case di accoglienza per donne maltrattate e vittime di violenza.
È anche inaccettabile che sia la donna che deve essere allontanata dal suo contesto sociale e familiare per essere tutelata e non invece colpiti e allontanati i violenti. Così come gravi sono state le politiche regionali sanitarie a Napoli che hanno smantellato i centri di neuropsichiatria infantile e i presidi di salute mentale che sono le prime sentinelle di disagi e devianze che poi possono trasformarsi in crimini efferati. Così come le politiche familiari e giovanili che sono pressoché scomparse dalle agende di tutti i governi. È ora di dire basta, mai più, con i fatti però.