Simonetta Matone è una deputata leghista la cui vita professionale è stat incentrata nel campo della magistratura per tanti anni. Nelle ultime ore è finita al centro di polemiche per le sue parole su Filippo Turetta.
Simonetta Matone, chi è la deputata leghista
Simonetta Matone è un ex magistrato e deputata della Lega. Nata a Roma il 16 giugno 1953, è sposata ed ha tre figli. Laureata in giurisprudenza alla Sapienza di Roma nel 1976, dal 1979 al 1980 è vicedirettore del carcere presso Le Murate a Firenze. Dal 1981 al 1982 è giudice presso il Tribunale di Lecco e dal 1983 al 1986 è magistrato di sorveglianza a Roma. Nel 1987 è nominata capo della Segreteria del ministro della Giustizia Giuliano Vassalli. Nel 2008 diventa capo gabinetto del Ministro per le Pari Opportunità. Nel 2000 ha vinto il Premio Donna, nel 2002 il Premio Minerva per la Giustizia e il premio Donna, nel 2004 il premio Il Collegio e nel 2005 il premio Donna dell’anno 2005 della Regione Lazio.
Polemiche per le sue parole su Filippo Turetta
La deputata leghista è finita in mezzo alla polemica per le sue parole pronunciate nel programma di Mara Venier su Filippo Turetta. “Io non ho mai incontrato soggetti gravemente maltrattati e gravemente disturbati che avessero però delle mamme normali”.
“In tutti i casi di maltrattamenti gravissimi di cui mi sono occupata nella mia purtroppo lunghissima attività professionale il soggetto era il classico maschio italico, così lo definisco nella peggiore accezione, frutto e figlio di una madre italica” sostiene la deputata leghista. “Cosa voglio dire. Che sono archetipi che si perpetrano attraverso l’educazione, l’esempio, il perdonargliele tutte, il pensare che quella ossessione sia amore. Io non voglio crocifiggere questa povera donna che sarà distrutta, però il problema è quello. Io non ho mai incontrato soggetti gravemente maltrattati e gravemente disturbati che avessero però delle mamme normali. Non le avevano. Vuol dire prendere le botte dal padre e non reagire, far vivere il figlio in un clima di terrore e violenza e fargli credere che tutto questo è normale, non ribellarsi mai, subire ricatti di tutti i generi e imporre questo modello familiare al proprio figlio che lo perpetrerà. Perché i maltrattamenti sono una catena di Sant’Antonio. Non è questo il caso, però anche qui nessuno ha intercettato i segnali […]”.