Sono trascorsi 48 anni dal massacro del Circeo, tutt’ora una delle pagine più buie della storia del nostro Paese. Una vicenda raccapricciante che ha segnato l’Italia anche dal punto di vista processuale e che da stasera sarà raccontata nella docu-serie diretta da Andrea Molaioli su Rai 1. “Circeo”, premiata ai Nastri d’Argento 2023, nasce con l’obiettivo di ripercorrere quanto accaduto quasi 50 anni fa, seguendo le varie fasi dell’iter giudiziario che ha portato a modificare quello che era un reato contro la morale pubblica in un reato contro la persona, con la legge del ‘96. La serie, una produzione Cattleya in collaborazione con Rai Fiction e con Paramount Television International Studios e Paramount+, sarà trasmessa in prima serata per tre martedì di seguito in occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Il delitto del Circeo
Era il 29 settembre 1975 quando in una villa di San Felice Circeo, a pochi chilometri da Roma, le due adolescenti Rosaria Lopez e Donatella Colasanti vennero picchiate e stuprate per 36 ore di seguito da un gruppo di ragazzi della “Roma bene” Andrea Ghira, Gianni Guido e Angelo Izzo. Solo Donatella riuscì a sopravvivere fingendosi morta. Il regista ha scelto di non descrivere solo l’orrore di quella strage ma anche il dopo, il processo, i difficili anni che la superstite, (interpretata dalla giovane Ambrosia Caldarelli), ha dovuto affrontare in un’Italia ancora troppo bigotta e intrisa di pseudo-morale e pregiudizio. La storia viene presentata attraverso gli occhi e le emozioni contrastanti vissute dalla protagonista.
“Donatella è stata vittima due volte – spiega il regista – le persone che subiscono violenza spesso diventano l’attrazione della narrazione di quell’evento e, in qualche modo le imputate. Nella serie – conclude – tenta di affrancarsi, di affermare se stessa come persona libera che ha una propria identità”. L’attrice Greta Scarano interpreta il ruolo di Teresa Capogrossi, un’avvocata (figura di fantasia) che, seguendo l’esempio della celebre legale milanese Tina Bassi Lagostena (Pia Lanciotti), porta avanti istanze femministe e assume la difesa della donna.
Il confronto tra il film e la docu-serie
Nel 2021 Stefano Mordini aveva elaborato una rappresentazione di uno dei fatti di cronaca più efferati del secondo Novecento, nel film “La scuola cattolica”, tratto dall’omonimo romanzo di Edoardo Albinati, vincitore del Premio Strega 2016. Nella pellicola il regista si era soffermato con attenzione sul contesto in cui i carnefici erano cresciuti, sulle origini e su una minuziosa descrizione dell’ambiente scolastico.
La docu-serie di Molaioli dà invece spazio ad un racconto a specchio tra gli anni ’70 e i giorni nostri, indicando in quell’evento lo spartiacque nel cammino di emancipazione delle donne italiane. Quello che risulta marginale, se non del tutto assente in entrambe le narrazioni, è il clima politico in cui la vicenda si svolge: la Lopez e la Colasanti provengono infatti da un quartiere popolare della Capitale, la Montagnola, mentre i criminali appartengono a famiglie rispettabili, della cosiddetta “Roma bene”.
Oltre alla violenza e al sadismo, dalle modalità di sottomissione delle vittime emergono anche la divisione sociale di quegli anni e il vuoto educativo degli aguzzini, impregnati da un senso di onnipotenza e dalla certezza di impunità. Elementi che, se approfonditi, avrebbero permesso di inquadrare con maggiore chiarezza i killer, la loro psicologia e il contesto in cui il massacro del Circeo si è consumato.