Ebbene sì, c’è un’Italia fuori dall’Italia. I nostri concittadini all’estero continuano a crescere. Parliamo di un popolo di quasi sei milioni in dieci anni, un decimo circa dei 58,8 milioni di italiani e sempre più giovane. Dopo il Covid, per gli studiosi, è iniziata una nuova fase della mobilità italiana che vede anche il ritorno delle migrazioni interne. Lo afferma il Rapporto italiani nel mondo 2023 curato dalla Fondazione Migrantes della Cei e curato da Delfina Licata. A farne le spese, manco a dirlo, è sempre il Sud che continua a spopolarsi.
I nostri concittadini all’estero continuano a crescere. Parliamo di un popolo di quasi sei milioni in dieci anni
Lo studio prende in esame i dati del 2022, anno in cui i movimenti migratori interni (1 milione 484 mila) sono tornati a crescere del 4% rispetto al 2021 e del 10% rispetto al 2020. La direttrice è quella classica Sud – Nord con le regioni settentrionali sempre attrattive – soprattutto Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Lombardia –, ma la mobilità italiana e internazionale si conferma complessa. E sulla direttrice Italia – estero, invece, cosa succede? Il calo delle partenze per l’estero è apparente. Se prima del Covid le iscrizioni all’Anagrafe italiana residenti all’estero (Aire) in un anno arrivavano anche a 260 mila e più della metà erano per espatrio, da gennaio a dicembre 2022 si sono iscritti all’Aire per espatrio 82.014 italiani (-2,1% rispetto all’anno precedente). Ma ci sono ritardi delle ripartenze e molti emigrati per lavoro continuano a tenere un piede anche in Italia non ottemperando all’obbligo di iscrizione all’Aire. Aumentano insomma i “moderni clandestini”.
Inevitabile, però, al di là di ogni ragionamento, il confronto con la linea migratoria verso l’Italia. Un italiano su 10, come detto, non c’è più. Perché sono 6 i milioni di italiane (le donne sono di più) e di italiani, soprattutto giovani sotto i 30 anni e gran parte dal Sud, che hanno lasciato il nostro Paese. Ciò vuol dire che parliamo di circa 600mila in media partenze all’anno. Numeri impressionanti e, soprattutto, decisamente più alti di quanti invece arrivano nel nostro Paese. Follia? No. Realtà. Sono i dati del Viminale a dirlo chiaramente. Prendiamo in esame gli ultimi tre anni, tanto per fare un esempio. Nel 2020 sono sbarcati in Italia 34.154 migranti; nel 2021 67.477; nel 2022 105.129. In totale, dunque, negli ultimi tre anni interamente trascorsi parliamo di 206.760 persone.
La ragione di questa diaspora sta soprattutto nelle drammatiche condizioni lavorative dei più giovani
Appena un terzo di quanti italiani partono, invece, in un solo anno. Una distanza siderale che, a quanto pare, sembra non preoccupare il governo di destra. Già, perché ovviamente ci si sofferma soprattutto a comprendere le ragioni degli arrivi di stranieri piuttosto che delle partenze degli italiani. E le ragioni sono decisamente più drammaticamente interessanti. Lo State of the Global Workplace 2023 Report di Gallup rileva che il 53% dei lavoratori a livello mondiale ritiene infatti che sia un buon momento per cambiare lavoro. Circa la metà (il 51%) dichiara di avere intenzione di lasciare il lavoro considerando la ripresa del mondo occupazionale dopo l’interruzione dovuta alla pandemia globale.
In Europa le cose sono frastagliate: mentre danesi (69%), tedeschi (52%) e inglesi (40%) pensano che sia un buon momento per cambiare lavoro, gli italiani invece si sentono come inchiodati al loro destino professionale (solo il 18% oserebbe cambiare lavoro), sono i lavoratori meno coinvolti, i più stressati (49%) e i più tristi (27%), quelli che ritengono di non avere altra scelta lavorativa, sicuramente i più rassegnati. Non proprio un bel bigliettino da visita per il nostro Paese. E una delle ragioni madre per le continue partenze di chi saluta l’Italia.