Le Lettere

Pernacchio terracqueo

La beffa dei comici russi che hanno telefonato alla Meloni spacciandosi per africani la dice lunga sulla gente al governo. Ho tanta amarezza per l’Italia derisa nel mondo.
Adele Larini
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Gentile lettrice, nell’editoriale del direttore Pedullà del 3 novembre, già il titolo “Il globo terraqueo ride della Meloni” traccia un ritratto della piccola arrivista politica di poche e strette vedute che, assurta inopinatamente al potere, si affaccia sul mondo con sguardo volitivo, come piaceva a Benito, e al pari di lui rimedia perle di comicità involontaria. I centri per migranti in Albania, l’ultima furbata di Gioggia, ricordano il Duce quando ordinò “la conquista dell’Albania”, che era un protettorato italiano e non aveva esercito. Poi Benito disse: “Spezzare le reni alla Grecia!”, e Hitler dovette mandare undici divisioni per salvare le nostre armate imbottigliate in Epiro. La Ducia idem: minacciava l’Europa, ma appena eletta strisciava a Bruxelles a mo’ di Fracchia. Decantava Putin e la gloria sovrana dell’Italia ma si fa portare per mano (anche fisicamente) da nonno Biden per favorire gli interessi americani. E infine sognava il blocco navale dell’Africa ma va a Tunisi col famoso Piano Mattei: “A frà, te pagamo si nun fai partì li migranti” dice al presidente Saïd. Risultato: Saïd le molla uno schiaffo morale mandando indietro i 60 milioni dell’Ue: “Non prendiamo mance e non facciamo i carcerieri per l’Europa”. Come scrissi allora, “il globo terraqueo attende la Meloni, non si sa se per accoglierla con canti e danze o per adire la via del pernacchio, ma propendo per la seconda”. E succederà di nuovo.

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