Sembra proprio che in questa crisi mediorientale non passi giorno senza che si verifichi un ‘incidente’. Dopo i bombardamenti israeliani sulle moschee e sui campi profughi, nel volgere di poche ore sono stati colpiti un convoglio di ambulanze davanti all’ospedale Al-Shifa di Gaza, ossia il più grande della città palestinese, e anche un ospedale pediatrico causando un numero imprecisato di morti.
Secondo il portavoce del ministero della Sanità di Gaza, Ashraf al-Qudra, in relazione alle ambulanze sarebbero stati presi di mira dall’aviazione di Tel Aviv dei feriti diretti verso il valico di Rafah per essere evacuati in Egitto: “Abbiamo informato la Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa, abbiamo informato il mondo intero” sulla presenza dei feriti “in quelle ambulanze” ha affermato al-Qudra lasciando intendere che l’attacco è stato deliberato. Un caso su cui l’aviazione israeliana ha già fatto sapere che aprirà un fascicolo per capire cosa sia successo.
Nel frattempo i soldati e i carri armati sono ormai entrati in profondità a Gaza dove sono sempre più frequenti quelle che i militari israeliani definiscono “eroiche battaglie”.
Minacce reciproche
Ma ieri è stato soprattutto il giorno del tanto atteso discorso alla nazione libanese del leader del gruppo islamico Hezbollah, Hassan Nasrallah. Parlando davanti a una folla oceanica ha spiegato che “la nostra battaglia è pienamente legittima, dal punto di vista legale e religioso, contro l’occupante sionista” e che “la battaglia si è estesa su più fronti, il governo israeliano è stupido ed estremista. La sofferenza del popolo palestinese in questi decenni è stata grande, soprattutto ora che in Israele c’è un governo di destra che sta violando i diritti umani”.
Ma al contrario di quanto temevano numerosi analisti, Nasrallah non ha invocato la guerra santa ma al contrario ha chiesto a Israele di concedere l’apertura dei corridoi umanitari e, cosa ancor più indicativa, ha negato ogni responsabilità negli attentati del 7 ottobre scorso. “L’attacco di Hamas, ‘diluvio di Al-Aqsa’, è un’operazione tutta palestinese, segreta e di successo” ha affermato il leader di Hezbollah sottolineando più volte che “nessuno ne sapeva nulla”.
Lo stesso ha poi ammonito il primo ministro di Tel Aviv Benyamin Netanyahu: “Israele commetterebbe il più grosso atto di stupidità e follia se attaccasse Hezbollah”. E il leader israeliano ha subito risposto: “I nemici del nord non devono commettere l’errore di entrare nel conflitto” perché “non potete immaginare quanto vi costerebbe”. Quel che è certo è che mentre i leader dell’area si minacciano reciprocamente, a Gaza la situazione peggiora.
Secondo Al Jazeera, Israele avrebbe rimandato nella Striscia migliaia di lavoratori palestinesi transfrontalieri che non potranno rientrare in Israele fino a nuovo ordine. Una decisione che si somma a tante altre che vengono criticate dalle Nazioni Unite secondo cui Tel Aviv “sta commettendo diversi crimini di guerra a Gaza, ma solo un tribunale competente sarà in grado di determinare se si tratta di genocidio”.
A spiegarlo è Elizabeth Throssell, portavoce dell’Ufficio dell’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani (Ohchr), secondo cui “lo sfollamento forzato delle popolazioni, gli attacchi sistematici contro i civili e le infrastrutture civili e la punizione collettiva inflitta al popolo di Gaza si possono inquadrare come crimini di guerra”.