“Armiamoci e partite” recita un vecchio adagio italiano che sembra calzare a pennello per descrivere la vicenda che sta coinvolgendo il primo ministro Benyamin Netanyahu che ha lanciato una guerra totale ad Hamas, richiamando in patria decine di migliaia di giovani israeliani residenti all’estero, ma non suo figlio Yair Netanyahu che è rimasto al sicuro e al caldo della Florida.
Da mesi il figlio del premier israeliano Netanyahu vive negli Usa. E non ha risposto alla chiamata alle armi
Una vicenda che in Israele sta causando fortissime proteste, con sempre più persone che non esitano a bollare il 31enne rampollo come “traditore” e “disertore”. E di certo Yair, spedito pochi mesi fa in America dal padre a seguito di alcune beghe giudiziarie che lo vedono accusato di diffamazione, in queste settimane non sta facendo granché per ricucire il rapporto con i suoi connazionali. Sui social il 31enne ha pubblicato la foto della bandiera israeliana all’indomani del brutale attacco di Hamas ma anche tante foto della sua vita agiata a Miami Beach che stonano non poco davanti a quello che sta succedendo in patria.
Sul Times di Londra sono stati raccolti gli sfoghi di diversi riservisti – tutti rigorosamente protetti dall’anonimato – che hanno risposto alla chiamata del primo ministro di Israele e che se la prendono con Yair. “Lui si diverte a Miami Beach mentre io sono in prima linea” a combattere, spiega uno di loro al quotidiano britannico. “Tanti di noi hanno lasciato il lavoro, le famiglie, i figli per tornare nella nostra nazione a proteggere la nostra gente. E non siamo noi ad avere la responsabilità di quanto è accaduto”, racconta un altro riservista al Times lanciando una critica ben poco velata al governo Netanyahu per le presunte colpe e negligenze che hanno permesso ad Hamas di organizzare, per ben due anni, lo spaventoso attacco che ha causato almeno 1400 morti. Ancor più duro un collega che allo stesso quotidiano rivela: “Ho lasciato gli Stati Uniti dove ho un lavoro, una vita e la mia famiglia. Non potrei abbandonare il mio Paese in questo momento cruciale. Dov’è, invece, il figlio del premier? Perché non è in Israele?”. Una domanda a cui difficilmente verrà data una risposta ufficiale.
Del resto Yair non sembra avere alcuna intenzione di tornare a Tel Aviv e in questi ultimi giorni, forse per cercare di riacquisire un minimo di credibilità, si è resto protagonista di alcune raccolte fondi in favore dei militari israeliani. Quel che è certo è che Yair è un personaggio controverso e non è nuovo alle polemiche. È lui che negli ultimi anni, davanti alle folle oceaniche che contestavano il governo del padre Benyamin, non ha perso occasione per bollare i contestatori come “traditori” e “terroristi”.
Ma il figlio del primo ministro di Tel Aviv è lo stesso che un anno fa, quando in Israele l’attenzione di tutti era concentrata sul processo per corruzione in cui è imputato il padre, non le ha mandate a dire. Durante una trasmissione radiofonica, secondo quanto riportava il Jerusalem Post, Yair si sarebbe lanciato in spericolate accuse nei confronti degli inquirenti sostenendo che nel Paese fosse in corso “un colpo di Stato politico” con gli accusatori di Benyamin che “sapevano di stare incasinando la vita a una persona innocente che guarda caso era il primo ministro eletto dal popolo israeliano”.