di Angelo Perfetti
L’Italia “non cessa di operare tenacemente per riportare a casa i nostri marò, la cui odissea ancora continua”, dice il Presidente della Repubblica. “Penso che alcune cose si stiano muovendo e in questo senso stiamo lavorando”, rassicura il ministro degli Esteri Bonino. Poi la sequela di politici che, dimentichi di essere stati investiti in prima persona in quanto parlamentari del ruolo di chi deve mettersi in prima linea, si accontentano di aderire via tweet alla manifestazione per i due fucilieri di Marina prigionieri da quasi due anni (624 giorni, per la precisione) in India. Siamo nell’Italia, signori. La stessa Italia che rinuncia alla sovranità nazionale in cambio di commesse internazionali che poi nemmeno arrivano (il caso degli elicotteri Finmeccanica stoppati da Nuova Delhi è chiarificatore in questo senso); l’Italia che mente all’opinione pubblica infarcendo di ottimismo una situazione invece estremamente difficile, per di più complicata dalle nostre stesse scelte, e che dopo mesi e mesi di annunci si trova oggi a festeggiare le forze armate con due nostri soldati in mano nemiche, perché tali sono le mani di chi vuole addirittura ucciderli.La stessa Italia che manda i nostri poliziotti a prendere bastonate in piazza per un tozzo di pane, i nostri carabinieri a prendersi sassate in Val di Susa non dai No Tav, che in quanto movimento di opposizione a un progetto non si sognerebbero mai di fare attentati, ma a quei black bloc che hanno studiato le strategie di guerriglia per cercare sistematicamente il morto e poi addossare la colpa allo Stato stesso. Uno Stato che, se visto solo con la cartina di tornasole della politica, appare debole, confuso, prono e inconcludente. Eppure non è quella l’immagine dell’Italia. E, se mai ce ne fosse stato bisogno, lo hanno dimostrato ancora una volta proprio i due marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.
Le parole di Girone
“Il governo italiano deve ancora fare molta strada per riportarci a casa” ha sottolineato lo stesso Girone, intervenuto in videoconferenza dall’India insieme a Latorre con tutti i militari impegnati nelle missioni all’estero e con il ministro della Difesa, Mario Mauro. “Sappiamo bene quanta strada ancora il governo deve fare per raggiungere il traguardo, un traguardo che noi non abbiamo ancora dimenticato e che è quello di tornare a casa”, ha detto. “Sappiamo bene ancora quanti passi dobbiamo fare per raggiungere questo traguardo e quante difficoltà e periodi duri dobbiamo ancora trascorrere”, ha aggiunto, “Siamo a conoscenza di questo, ma in qualità di militari con dignità, così come abbiamo sempre fatto, auspichiamo e speriamo di arrivare presto a questo traguardo per poter dire ai nostri figli ‘papà sta tornando a casa’”.
L’intervento di Latorre
“Oggi, 4 novembre, Festa delle forze armate e dell’unità nazionale, assume per noi italiani tutti un valore molto sentito”, ha affermato invece Latorre. “Non possiamo e non dobbiamo dimenticare quanti italiani che per onore della nostra bandiera hanno sacrificato la loro vita nel corso delle guerre e nel corso di tutti questi anni, arrivando sino a oggi. Io mi sento di dire loro non solo ‘grazie’, ma il mio rispetto posso esprimerlo onorando loro per avermi dato oggi la possibilità di celebrare questa giornata dell’unità d’Italia. Chi ha nel cuore la nostra bandiera, la nostra patria, la nostra Italia non può che gioire di questo”. Se i nostri politici avessero un briciolo di questa determinazione, molti dei problemi che ci assillano sarebbero risolti. Ma loro fanno la guerra di posizione, anzi di posizioni. Ai nostri marò è stato dato un microfono, la coscienza è pulita.
L’annuncio di Mauro
Il ministro Mauro annuncia solenne: “Occorre non dimenticare e lavorare con forza e determinazione: il ritorno a casa, con onore, di Latorre e Girone è l’unica soluzione possibile della vicenda”. Già, ma intanto sono prigionieri, sono sotto processo in India invece che in Italia, intanto pende ancora l’ipotesi di pena capitale. Per la liberazione c’è tempo, l’onore non ce lo restituirà nessuno. Intanto ieri sera con una “tempesta” di tweet, una “Tweet storm” , la comunità dei sostenitori dei fucilieri del battaglione San Marco, ha chiesto il rientro in patria dei “leoni”. Un modo come un altro per testimoniare l’inefficienza dello Stato.