Tredici persone persero le vita. Diverse zone nell’area di Senigallia e in quella di Pesaro furono distrutte. Ora per l’alluvione del 15 settembre del 2022 nelle Marche sono state indagate 14 persone. Più di un anno fa, due fiumi esondarono a causa del maltempo, provocando la morte di 13 persone, il ferimento di altri abitanti della zona e la distruzione di più aree della regione.
L’inchiesta è stata trasferita alla procura dell’Aquila poiché tra le persone danneggiate c’è anche un magistrato in servizio nel tribunale di Ancona. Ora è stata la procura dell’Aquila a inviare l’invito a comparire, a garanzia degli indagati, per l’interrogatorio: sono coinvolti sei sindaci dei comuni della vallata dei fiumi Nevola e Misa, due funzionari dei vigili del fuoco di Ancona e altre sei persone tra funzionari, operatori e responsabili della Protezione Civile.
L’accusa, nei loro confronti, è di cooperazione in omicidio colposo plurimo. Gli avvisi di garanzia sono considerati tecnici e permetteranno di interrogare gli indagati su quanto avvenuto nel settembre del 2022. Le accuse mosse dal pm, Fabio Picuti, ruotano principalmente attorno al ritardo nel dare l’allarme, arrivato solamente intorno alle 22, quando era ormai troppo tardi per mettere in salvo i cittadini.
Alluvione nelle Marche, la tragedia del 2022
L’alluvione che ha colpito le Marche nel settembre del 2022 ha provocato la morte di ben 13 persone. Tra le vittime c’era anche il piccolo Mattia Luconi, di soli otto anni. Le piogge record – con oltre 400 millimetri caduti in sole sei ore nelle zone più colpite – hanno interessato la parte medio alta del bacino del fiume Misa, provocando inondazioni, ostruzioni di ponti, trasporto di detriti e la morte di 13 persone, tutte nei comuni dell’entroterra di Senigallia.
Le accuse agli indagati
Le contestazioni mosse dalla procura riguardano condotte colpose commissive e omissive che avrebbero causato le morti per “negligenza, imprudenza, imperizia e violazione di norme”. La procura, inoltre, sta lavorando a un secondo filone di indagine sulla manutenzione dei fiumi: in questo caso si ipotizza il reato di disastro colposo.
Agli indagati, in questo primo filone dell’inchiesta, vengono invece addebitati sia la scarsa prevenzione che gli allarmi tardivi. Per quanto riguarda il comandante provinciale dei vigili del fuoco di Ancona, Pierpaolo Patrizietti, viene accusato di non aver garantito “l’immediato e continuo reciproco scambio di informazioni”, violando una direttiva della presidenza del Consiglio dei ministri del 2008 che impone di garantire l’immediato scambio di informazioni.
Passando poi ai sindaci di Arcevia, Barbara, Castelleone di Suasa, Serra de’ Conti, Ostra e Trecastelli (in provincia di Ancona), sono chiamati in causa per il mancato aggiornamento del flusso di informazioni al prefetto, al presidente della Regione Marche e alla Protezione Civile. Viene loro addebitata, inoltre, anche la contestazione del mancato presidio idrogeologico dei punti critici e la mancata informazione ai cittadini sui rischi idrogeologici.
Erano stati proprio i sindaci, tra l’altro, a protestare per il ritardato allarme, considerando che l’allerta meteo era stata emessa solamente per l’entroterra montano e non a valle. Passando poi ai sei indagati della Protezione Civile regionale, nel loro caso viene contestata l’inosservanza di delibere e direttive, oltre che il mancato adeguamento delle procedure di allertamento regionale a direttive e indirizzi del dipartimento di Protezione Civile nazionale in materia di prevenzione del rischio idrogeologico e idraulico.