Una storia di lotta a lieto fine a Napoli. In queste ore lavoratori e lavoratrici della Whirlpool, fabbrica storica di via Argine, circa in 300, firmeranno il contratto di assunzione con l’azienda che è subentrata alla multinazionale americana che qualche anno fa decise inopinatamente di chiudere i battenti nel capoluogo campano. Quella che si definisce oggi sul piano del lavoro è una storia di impegni industriali traditi, di accordi sindacali stracciati, di promesse politiche illusorie e ingannevoli, di strumentalizzazioni anche ciniche sulla pelle delle persone.
Una storia di lotta a lieto fine a Napoli. In queste ore lavoratori e lavoratrici della Whirlpool firmeranno il contratto di assunzione con l’azienda che è subentrata
Ho visto con i miei occhi e seguito questa lotta giorno dopo giorno da sindaco, e il merito di questo successo è delle lavoratrici e dei lavoratori che non hanno mai mollato, hanno lottato anche quando la battaglia sembrava persa e il potere politico la dava per inutile. Hanno combattuto con forza, dignità, umanità, passione e finanche compostezza nella lotta dura e a tratti disperata. Dal momento che abbiamo visto e vedremo salire sul carro delle “medaglie” anche chi magari andrebbe ascritto tra quelli che nonostante loro si è potuto raggiungere il risultato, vorrei mettere dopo la lotta operaia che merita la medaglia d’oro, l’indiscusso merito della città di Napoli.
Senza una città schierata la possibilità di successo sarebbe stata improbabile. I napoletani, popolo di giustizia, sono scesi in piazza, il Comune si è schierato con forza senza tentennamenti e senza mettere il “cappello politico” sulla lotta. Ricordo scioperi, cortei, manifestazioni, convegni, occupazioni, dibattiti, incursioni televisive e radiofoniche, incontri a Roma. E anche quel lavoro silenzioso e prezioso che un pezzo della mia giunta fece per raggiungere l’obiettivo finale, oggi giustamente applaudito e osannato, che vide però anche il muso lungo di chi, lottando con la pelle degli altri, diceva “o lavatrici o morte”.
La riconversione industriale di una fabbrica, l’utilizzo di strumenti pubblici e il ricorso a finanziamenti non solo privati, la stessa cooperazione tra pubblico e privato non sono bestemmie laiche. Dipende come si opera e si lavora. Il sogno, poi, è sempre quello dell’attuazione dell’articolo 3 della Costituzione con la partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori all’organizzazione anche economica del Paese con le forme di azionariato popolare, l’autorganizzazione e la gestione collettiva della fabbrica. La classe operaia, il popolo e una città hanno vinto “costringendo” politica ed istituzioni ad intervenire. È nu juorno buono, Napoli, quando lotta, non molla.