Una ricerca calcola che i nostri giovani emigrati all’estero siano il triplo di quanto si pensasse. Ma perché questa grande fuga?
Olivia Curci
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Gentile lettrice, si tratta di uno studio della Fondazione Nord Est. In 10 anni sarebbero emigrati 1,3 milioni, ossia 130mila l’anno, molti più degli stranieri irregolari che entrano in Italia. Tra i giovani in fuga, oltre il 30% è laureato, a differenza delle migrazioni di inizio ‘900 verso Usa e Sud America, quando espatriava gente con livelli di studi molto bassi. La difficoltà di trovare lavoro, specie nel Meridione, non può essere la sola ragione della fuga, perché la disoccupazione in Italia non è molto superiore alla media europea. La vera causa sta nei bassi salari. Dal 1992 al 2022 siamo stati l’unico Paese europeo i cui stipendi sono scesi in termini reali (–2,9%), mentre nel resto d’Europa crescevano: Danimarca +38%, Germania +33, Francia +31, Grecia +30,5. In fondo alla lista Olanda +15,5, Portogallo +13,5 e Spagna con il +6,2, a finire l’Italia col -2,9. Dall’avvento dell’euro non abbiamo più potuto svalutare la lira per favorire le esportazioni e quindi il sistema ha svalutato il fattore umano, ossia la busta paga. Una débâcle epocale. Confindustria tuonava che i 500 euro/mese del Reddito di cittadinanza danneggiavano le imprese sottraendo manodopera: era la spudorata ammissione che per 50 anni l’industria si è ingrassata affamando i lavoratori. Ora si capisce benissimo perché questo governo, che è amico dei forti e nemico dei deboli, ha abolito il RdC e non voglia varare il salario minimo, che è l’unico argine alla “povertà da lavoro”.
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