Capisco il dolore degli israeliani, ma ora la reazione è andata oltre il “dente per dente”. Israele deve essere uno Stato per due popoli.
Sergio Valori
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Gentile lettore, il problema è che Israele non vuole né uno Stato con due popoli né due Stati per due popoli. Se avesse voluto, avrebbe realizzato una delle due formule nei 56 anni di occupazione della Palestina. Invece neppure concede la cittadinanza ai palestinesi di Gaza e Cisgiordania, che vivono nella situazione giuridica e materiale di un popolo senza diritti, schiavo di un altro popolo, come accadeva a Sparta dove gli iloti, gli abitanti originari, erano schiavi degli spartiati. Che Israele sia “l’unica democrazia del Medio Oriente” è solo uno slogan e vale solo per i cittadini di origine o religione ebraica, non per gli altri. Gli ebrei sono 8,5 milioni, i palestinesi 5 milioni (6 milioni sono rifugiati in Paesi mediorientali). Solo i primi hanno il diritto di voto. Che democrazia sarebbe se in Spagna non potessero votare i catalani o in Uk gli scozzesi? Inoltre la popolazione ebraica invecchia, mentre a Gaza il 50% degli abitanti ha meno di 18 anni e il 40% meno di 15. “Israele è un nazionalismo etnico”, come dice lo studioso ebreo americano Peter Beinart, mentre “le democrazie sono nazionalismi civici”, cioè inclusivi. “I sionisti” scrive Beinart “rivendicano l’autodeterminazione degli ebrei, ma la negano ai palestinesi”. Per mezzo secolo Israele si è illusa che i palestinesi si sarebbero rassegnati alla schiavitù. Ma l’insurrezione del 7 ottobre dimostra che non si sono rassegnati, e quel giorno è svanito il sogno della Grande Israele.
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