Si è insediato ai vertici della Procura della Repubblica di Napoli il Procuratore Nicola Gratteri. Sono uno di quelli che saluta con favore il suo arrivo a Napoli e non certo perché gli altri magistrati concorrenti al vertice dell’ufficio inquirente più grande d’Italia non ne fossero all’altezza, anzi alcuni li conosco bene personalmente e sarebbero stati ottimi capi.
Ma ritengo che Gratteri possa, potenzialmente, rompere uno stato di stagnazione e di equilibri malsani che hanno preso il sopravvento negli ultimi tempi in città provocando un aumento del crimine, tanto di strada quanto istituzionale. La magistratura non ha bisogno di messia ed eroi mediatici, necessita di magistrati costituzionalmente orientati. Il mondo giudiziario napoletano, per motivi vari, non ha un bel ricordo di un altro Procuratore calabrese, il dr. Cordova, ma erano altri tempi.
So bene le difficoltà ambientali nelle quali ha operato da Procuratore della Repubblica a Catanzaro il dr. Gratteri, per nulla comparabili allo tsunami che si abbatté su di me, con una sorta di golpe istituzionale-politico-giudiziario-mediatico quando svolgevo le funzioni di sostituto Procuratore della Repubblica a Catanzaro, ma il mio capo non era Gratteri bensì un magistrato che invece di sostenere e tutelare il nostro lavoro contribuì in maniera determinante a fermarci e distruggermi professionalmente provocando la sottrazione di indagini importanti e la mia cacciata dalla Calabria.
Catanzaro non è Napoli, contesti criminali, ambiente giudiziario, effervescenza della città, il popolo, la cultura, le dinamiche sociali, sono profondamente diverse. Napoli non ha bisogno di un Procuratore senza censura, come il titolo di questa rubrica, ma che sia senza condizionamenti, equilibrato, rigoroso, umile, proteso al sacrificio, rispettoso del contesto, capace di fare squadra, non certo di un censore della città ma di un investigatore che non si fermi dopo le prime conoscenze e chiacchierate negli ambienti di potere che sono meno oppressivi di quelli calabresi ma non meno tossici.
Buon lavoro Procuratore e personalmente non posso che esserle anche grato di aver ripreso alcuni dei lavori che quindici anni fa mi impedirono di portare a termine, poi nulla viene restituito, ma il tempo, come si dice, è galantuomo, mentre lo Stato non lo è quasi mai e soprattutto non è riconoscente, non ammette quasi mai gli errori e soprattutto non si fa processare quando arrivi al cuore del sistema. Ma so di aver commesso un delitto di stato: non mi hanno mai perdonato di aver lavato panni sporchi che volevano che rimanessero in famiglia.