L’elogio dell’agricoltura italiana, traino dell’economia di Roma, si infrange contro la realtà. Con buona pace del ministro Francesco Lollobrigida. L’ultimo rapporto Ismea evidenzia che l’agricoltura italiana arranca e ha vissuto anni sfavorevoli nell’ultimo decennio, soprattutto a causa dell’andamento climatico, tra siccità ed eventi estremi. Nel 2022 l’Italia è terza dietro a Francia e Germania per produzione agricola. Pesa il fatto che si è trattato dell’anno più caldo e meno piovoso. E il 2023, secondo le previsioni Ismea, andrà anche peggio. Inoltre, dal 2021, l’Italia ha anche perso il primato sulla produzione di valore aggiunto: fino a quell’anno era sempre stato di Roma, ma da ormai due anni è stata scavalcata da Parigi.
L’elogio dell’agricoltura, traino dell’economia di Roma, si infrange contro la realtà. Con buona pace del ministro Francesco Lollobrigida
Diversi i fattori che hanno messo in crisi l’agricoltura italiana nel 2022, a partire dagli eventi climatici avversi. Il peggioramento dipende anche dall’inflazione e da motivazioni più strutturali, a partire dalla scarsa presenza di giovani imprenditori (sono solo il 9%, contro una media Ue del 12%). Pesa anche la scarsa formazione della maggioranza delle leadership aziendali e una forte frammentazione del tessuto produttivo. L’agricoltura italiana, quindi, arranca. Nonostante parta da una situazione ritenuta positiva, per esempio sul fronte dell’innovazione. Il nostro Paese, secondo il report Ismea, potrebbe facilmente alleviare gli effetti della siccità e delle alluvioni con tecniche di coltivazione all’avanguardia che permetterebbero di risparmiare su acqua e fertilizzanti. Ma la loro applicazione, evidentemente, non è ancora sufficientemente diffusa.
Sul peggioramento pesano l’inflazione la siccità e le alluvioni oltre a ragioni strutturali legate al tessuto produttivo
Un po’ meglio va sul fronte dell’industria alimentare, su cui l’Italia non solo conferma la sua competitività, ma rafforza anche l’export. Il trend è in crescita, con l’Italia che produce il 12% del valore aggiunto del settore, piazzandosi dietro solamente a Germania e Francia. La differenza, rispetto all’agricoltura, è che in questo campo l’Italia è in rimonta, con un andamento positivo negli ultimi anni, migliore dei diretti competitor europei. L’industria alimentare italiana punta soprattutto su alcuni comparti di assoluta eccellenza. Per esempio Roma è leader nell’industria pastaria, con oltre il 73% del fatturato totale dell’Ue. Bene anche sul vino (28% del totale), sui prodotti da forno e i biscotti (21%) e sui prodotti ortofrutticoli: siamo leader mondiali per l’esportazione di trasformati di pomodoro, per esempio. Risultati positivi anche per le industrie del caffè, delle tisane, del the e del riso.
Trend in calo, brutte notizie per Lollobrigida. Migliora invece l’industria alimentare: seconda in Ue
Per quanto riguarda l’export sulle spedizioni europee, l’Italia si attesta al 10% come la Spagna, dietro a Francia e Germania. Le esportazioni sono aumentate del 34% tra il 2019 e il 2022. L’industria agro-alimentare in Italia produce un valore aggiunto pari a 64 miliardi di euro: 37,4 dal settore agricolo e 26,7 dall’industria alimentare. Una cifra pari al 3,7% del valore dell’intera economia italiana. Se considerassimo anche la produzione, la distribuzione e la ristorazione la percentuale arriverebbe al 7,7%. E, ancora, includendo i servizi e tutte le attività legate al settore, come trasporti e logistica, la quota raggiungerebbe il 15,2% del totale del Pil.