Proseguono da giorni e senza sosta i raid dell’aviazione israeliana. L’ultimo – ha accusato ieri sera Hamas – ha colpito l’ospedale al-Ahli di Gaza, dove si erano rifugiate molte famiglie, provocando almeno 500 morti. Il presidente palestinese Abu Mazen ha proclamato tre giorni di lutto e ha deciso di cancellare il previsto incontro con Joe Biden, previsto questa mattina ad Amman.
L’attacco missilistico di ieri sera all’ospedale al-Ahli di Gaza ha provocato almeno 500 morti
L’Egitto ha condannato con la massima fermezza il bombardamento. ‘’Il massacro all’ospedale non può essere tollerato dalla morale delle Nazioni’’, ha dichiarato Hussein al-Sheikh, segretario generale del Comitato esecutivo dell’Olp. “Invito tutta l’umanità ad agire per fermare questa brutalità senza precedenti a Gaza”, ha detto il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan. E anche Giordania – dove centinaia di persone hanno assaltato la sede dell’ambasciata israeliana ad Amman – e Iran hanno espresso ferma condanna. Con l’Iran che parla di genocidio. Condanna anche dall’Organizzazione mondiale della sanità. L’esercito israeliano, citato dai media, ha fatto sapere che l’esplosione nell’ospedale è dovuta al lancio fallito di un razzo di Hamas.
Salta l’incontro tra Abu Mazen e Biden ad Amman. Il presidente Usa ha chiesto di raccogliere informazioni su cosa sia successo esattamente
Il presidente americano Biden ha dichiarato, commentando l’attacco all’ospedale di Gaza City, di essere “indignato e profondamente rattristato dall’esplosione” e dalle “terribili perdite che ne sono derivate”. Biden afferma di aver parlato con il primo ministro israeliano Netanyahu e con il re Abdullah II di Giordania “subito dopo aver appreso la notizia” e di aver chiesto ai suoi consiglieri di “continuare a raccogliere informazioni su cosa sia successo esattamente”.
Per il momento l’annunciata fase due dell’offensiva via terra da parte di Israele resta ferma ai box. Difficile capire quali possano essere le decisioni di Benyamin Netanyahu, anche se tutto lascia pensare che non ci sarà l’occupazione della Palestina ma un’operazione su vasta scala per salvare gli ostaggi e annientare i terroristi di Hamas, e per il New York Times questo ritardo nell’avvio della fase due sarebbe legato alla visita in Israele che quest’oggi farà il presidente americano Joe Biden. Al momento l’unica certezza è che una volta finito il conflitto, il futuro della Striscia di Gaza sarà “una questione globale” che dovrà essere affrontata dall’intera comunità internazionale. Lo ha spiegato il portavoce dell’esercito israeliano Daniel Hagari con parole che lasciano presagire che si chiederà un impegno congiunto nella gestione dell’area tra la Lega Araba e l’Onu.
Un progetto che richiederà ancora molto tempo visto che, secondo quanto riporta il quotidiano israeliano Haaaretz, nella sua conversazione con il presidente russo Vladimir Putin, Netanyahu ha detto che il suo Paese non fermerà l’offensiva nella Striscia “finché non avrà eliminato le capacità militari e governative di Hamas”. Del resto la guerra non sembra rallentare. E non lascia tranquilli neanche la situazione al confine con il Libano dove le tensioni continuano a crescere, come anche gli scontri con i miliziani del gruppo terroristico Hezbollah. Un botta e risposta iniziato con Israele che ha colpito obiettivi legati ai miliziani libanesi a cui quest’ultimi hanno risposto colpendo l’insediamento israeliano di Metulla con razzi anti-carro e recentemente evacuato da Tel Aviv proprio per il timore di attacchi.
Nel sud della Striscia sarà disposta “una zona umanitaria” dove saranno distribuiti gli aiuti internazionali
Questa mattina l’esercito israeliano ha fatto sapere che nella zona di Al-Mawasi, nel sud della Striscia di Gaza, vicino Khan Younis, sarà disposta “una zona umanitaria” dove saranno forniti “aiuti umanitari internazionali”. L’annuncio – accompagnato dall’invito a spostarsi in quella zona – avviene, hanno sottolineato i media, dopo giorni di contatto con gli Usa, l’Egitto ed altri per creare una zona sicura per i residenti di Gaza.
Fa discutere l’ordine di evacuazione della popolazione del Nord di Gaza
Intanto in queste ore a far discutere è anche l’ordine di evacuazione della popolazione del Nord di Gaza dato da Israele che potrebbe configurare un crimine internazionale di “trasferimento forzato illegale di civili”. A dirlo è la portavoce dell’Ufficio dell’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Ravina Shamdasani. Quel che è certo è che l’intero Medio Oriente è in ebollizione. Lo ha detto chiaro e tondo re Abdallah II di Giordania durante la sua visita a Berlino per discutere con il cancelliere Olaf Scholz della guerra tra Israele e Hamas. “Il Medio Oriente è sull’orlo dell’abisso” ha spiegato il sovrano giordano, aggiungendo che “sono necessari tutti i nostri sforzi per garantire che non si arrivi” a un’escalation del conflitto. Proprio per evitarlo re Abdallah, durante la conferenza stampa con Scholz, ha invitato “ancora una volta Hezbollah e l’Iran a non intervenire” per poi annunciare la propria contrarietà a un movimento di profughi verso la Giordania o l’Egitto spiegando che “questa è una situazione umanitaria che deve essere gestita all’interno di Gaza e della Cisgiordania”.
Ieri il premier iracheno Muhammad Sudani, alla guida di un governo composto anche da ministri filo-iraniani, ha spiegato che “l’aggressione israeliana su Gaza, se dovesse proseguire” è inevitabile che “causerà un’ondata di rabbia popolare in tutta la regione”. E proprio l’Iran continua a gettare benzina sul fuoco minacciando un intervento militare a cui, al momento, non sembrano credere gli analisti militari e gli 007 occidentali che lo ritengono improbabile.
Ma resta il fatto che il leader supremo iraniano, l’Ayatollah Ali Khamenei, continua ad alzare i toni e ieri ha lanciato l’ennesima minaccia affermando che “se i crimini di Israele continuano, nessuno potrà fermare i musulmani e le forze della resistenza” e poi aggiungendo che a suo dire “i dirigenti israeliani dovrebbero essere processati per i crimini commessi contro i palestinesi a Gaza”. E ancora: “La politica di Israele nell’ultima settimana è stata dettata dagli Stati Uniti e quest’ultimo è responsabile delle azioni di Israele. I bombardamenti israeliani devono cessare immediatamente e i funzionari israeliani devono essere perseguiti. La responsabilità di rispondere a ciò che sta accadendo a Gaza ricade su tutti ”.
Una task force anfibia di marines è pronta a intervenire nel caso in cui il conflitto con Hamas si espanda coinvolgendo Teheran
Chi sembra dare peso a queste parole – o quantomeno voglia farsi trovare preparato in caso la situazione degeneri – è il presidente Biden che ieri ha deciso di rinforzare ulteriormente il contingente navale davanti alle coste israeliane inviando una task force anfibia di marines pronta a intervenire nel caso in cui il conflitto con Hamas si espanda coinvolgendo Teheran. Stati Uniti che malgrado quanto dica Khamenei, stanno facendo i salti mortali per evitare l’allargamento del conflitto e che ieri sono riusciti a convincere Netanyahu della necessità di sviluppare un piano per “consentire agli aiuti umanitari da Paesi donatori e organizzazioni multilaterali di raggiungere i civili a Gaza, inclusa la possibilità di creare aree sicure”. A rivelarlo è stato il portavoce del Consiglio alla Sicurezza nazional, John Kirby, che ha assicurato l’impegno degli Usa “ad evitare che gli aiuti vadano a Hamas ma solo ai civili”.