Una guerra contro il tempo. Per la bonifica della discarica di Malagrotta, la più grande d’Europa, i tempi stringono. Lo sa bene Giuseppe Vadalà, commissario unico per la bonifica di Malagrotta, territorio alla periferia di Roma: le buste con le candidature alle due gare d’appalto per il trattamento dell’ex discarica sono pronte per essere aperte.
Una guerra contro il tempo. Per la bonifica della discarica di Malagrotta, la più grande d’Europa, i tempi stringono
Entro 15 giorni dovrebbero essere comunicate le società che hanno vinto gli appalti per il capping provvisorio: si tratta, semplificando, di una sorta di copertura dell’area per evitare che entrino in contatto pioggia e rifiuti, creando il percolato. Il capping permetterebbe di isolare gli scarti misti, insieme alla realizzazione di una rete di pozzi per estrarre il biogas e anche lo stesso percolato. Ovvero quel liquido inquinante che si crea quando l’acqua piovana si infiltra nel terreno ed entra a contatto con i rifiuti depositati nella discarica: ne esce fuori un nuovo inquinante che contamina il terreno e, se non trattenuto adeguatamente, può contaminare anche altri terreni e i fiumi della zona. I rifiuti, inoltre, producono anche biogas che può diventare combustibile, ma che se viene bruciato produce Co2.
I tempi per risolvere tutti questi problemi, come detto, sono stretti. Vadalà spiega al Corriere della Sera che l’auspicio è che “entro i primi giorni del 2024 vengano avviati i cantieri”. Un augurio, appunto, ma non una certezza. Che si scontra con tempi che sembrano già troppo lunghi. L’obiettivo è bonificare la discarica entro il 2026/2027 e il tempo stringe. Il governo ha investito per questa operazione 250 milioni, provenienti dai fondi europei. Ma ora è necessario rispettare le tempistiche che sono “la vera incognita”, in quanto sono molto strette, per ammissione dello stesso commissario.
La discarica nella periferia di Roma è chiusa da ormai dieci anni
La discarica di Malagrotta, la più grande d’Europa, è chiusa da ormai dieci anni. Riceveva, ai tempi in cui lavorava a pieno ritmo, oltre 4mila tonnellate di rifiuti indifferenziati al giorno, provenienti da Roma e da altri comuni limitrofi. La sua chiusura è legata soprattutto a problemi di tipo ambientale, con i rifiuti non trattati che contravvengono alle normative previste dalla disciplina europea. La chiusura, in realtà, doveva avvenire già nel 2007, ma è stata rinviata fino al 2013. Nonostante le sanzioni ricevute dall’Italia da parte dell’Unione europea. L’area, a dieci anni di distanza, è ancora inquinata e inutilizzabile per qualsiasi scopo, nonostante sia cresciuta l’erba sopra la collinetta alta circa 90 metri che di fatto è composta da spazzatura. La sua estensione è di 240 ettari, per quasi 2,5 chilometri quadrati. Un campo enorme pieno di tossine e materiali organici, con i terreni che vengono continuamente sottoposti ad analisi di laboratorio per verificare eventuali problemi e rischi.
A marzo scorso il governo ha stanziato 250 milioni di euro per la messa urgente in sicurezza
Tra i rifiuti, alcuni arrivano fino a una profondità nel terreno di 90 metri. A marzo è arrivato quindi lo stanziamento dell’esecutivo per l’opera di messa in sicurezza. Con l’obiettivo di completare le tre operazioni del capping, della soluzione al problema del percolato e della cinturazione del terreno, “al massimo” entro il 2027. Con l’obiettivo, entro quella data, di ripristinare anche il verde dell’area. Impresa molto complessa, considerando che dopo pochi mesi dalla partenza la struttura commissariale sembra già preoccupata dai ritardi. Vadalà non nasconde i suoi timori e spera che adesso le procedure possano accelerare. Per fare in fretta e chiudere davvero, una volta per tutte, l’annosa questione della discarica di Malagrotta entro il 2027.