No, le periferie non hanno bisogno di una sequela di operazioni militari “ad alto impatto” per salvarsi. Le periferie hanno bisogno di una rigenerazione urbana non è un’operazione tecnica o solo fisica, ma riguarda anche la riqualificazione delle relazioni sociali e di prossimità, il senso di comunità, la qualità dell’ambiente di vita e dei servizi. “Oggi quello che manca in Italia è una politica nazionale sulle periferie sostenuta da una strategia e una regia ad ampio respiro, che permetta d moltiplicare e dare coerenza agli interventi sparsi sul territorio. Un vuoto su cui il Paese deve lavorare senza perdere altro tempo”, spiega dal Coordinamento del Forum Disuguaglianze e Diversità di Legambiente (e già ex presidente dal 2007 al 2015) Vittorio Cogliati Dezza.
Le periferie italiane non hanno bisogno di una sequela di operazioni militari “ad alto impatto” per salvarsi
L’occasione è la presentazione del Report Periferie più giuste che l’associazione ambientalista ha illustrato nei giorni scorsi raccogliendo esperienze concrete di successo, nate dal basso e realizzate interamente nell’ambito e a favore delle periferie urbane per “favorire – dice Cogliati Dezza – una discussione aperta con tutti coloro che sono chiamati a occuparsi delle sfide politiche e culturali che ci aspettano da qui ai prossimi anni e che hanno al centro le aree urbane”. Partendo proprio dalle periferie in cui “si addensano gran parte delle fragilità e dei bisogni di cui dobbiamo tener conto per affrontare la sfida della transizione ecologica”.
Milano, Bologna, Napoli. Nel Report ci sono diciotto storie virtuose
Le 18 storie virtuose nel Report raccontano storie che hanno come punto di forza proprio la sinergia tra istituzioni locali e partecipazione dal basso. Si va da Modena in prima linea contro la povertà energetica all’edilizia sociale di Ferrara al co-housing di Bologna, da Terni con la ‘cittadella delle associazioni’ nata grazie anche all’intervento dell’Ater, a Crotone con il giardino di Pitagora a Barletta con il recupero dei giardini di Baden Powell, area un tempo degradata oggi fiore all’occhiello della città grazie ad un lavoro di inclusività e partecipazione. Da Vicenza con la riqualificazione dell’aula didattica all’aperto del Parco Retrone nel quartiere Ferrovieri nata dall’esigenza di più spazi pubblici condivisi emersa durante la pandemia, per arrivare in provincia di Pescara, a Popoli, con il progetto dell’eolico solidale che si propone di utilizzare la remunerazione dell’energia elettrica prodotta annualmente dal sistema per il finanziamento di attività e opere necessarie per supportare il sistema sociale della collettività del Comune. Tra le grandi città, Roma con il Laboratorio Città di Corviale, Napoli con la prima Comunità energetica Rinnovabile e Solidale (Cer), Milano con Sharing Cities ed EnerPOP che ha avviato percorsi di accompagnamento per la riqualificazione energetica dei condomini; Palermo culla dei Cantieri Culturali alla Zisa, esempio di riconversione di un’area industriale e poi Torino con il modello Health Equity Audit per un welfare equilibrato grazie all’articolazione delle strutture sanitarie nel territorio. Uno strumento che permette di valutare le diverse scelte politiche, integrando i dati socio-economici urbani con i processi decisionali degli stakeholder locali.
Laboratori d’innovazione. E inclusione sociale
La fotografia scattata dal dossier di Legambiente racconta di un’Italia in fermento dove le perfierie diventano preziosi laboratori di innovazione, accoglienza e inclusione sociale, contrastando disuguaglianze, povertà energetica ed abitativa. Secondo gli ultimi dati Caritas, nel corso del 2022 sono state 34.633 le persone che si sono rivolte ai centri della rete per problemi di povertà abitativa, ossia il 23,1% del totale degli utenti. Uno studio del Censis del 2019 descriveva la società italiana come composta da individui che in prevalenza si sentono soli, arrabbiati e diffidenti, soprattutto nelle periferie, dove secondo i dati di Save The Children, è in costante aumento la presenza di bambini.
Rigenerazione urbana. Da Legambiente sei proposte al governo
Cosa serve? Legambiente presenta 6 proposte al governo. In Italia serve: una politica intersettoriale dedicata alla rigenerazione delle periferie che tenga conto della riqualificazione fisica, sociale e culturale; serve un’integrazione degli interventi sulle singole abitazioni con quelli a scala di comunità e di quartiere; serve la garanzia del diritto ad un abitare dignitoso e bassi consumi energetici attraverso politiche pubbliche strutturali e stabili nel tempo, coerenti con la nuova direttiva europea sulle case green; serve accesso garantito alla “ricchezza comune” come diritto di cittadinanza: accesso a servizi sanitari, sociali, culturali e di istruzione prossimi e di qualità e a tutti quei fattori che nel territorio possono ridurre e compensare le povertà di ricchezza privata, dagli spazi pubblici alla mobilità, al verde, ecc.; serve il diritto di accesso all’energia per tutti, contrastando la povertà energetica con politiche strutturali, non affidate solo ai bonus; serve il contrasto alla povertà educativa attraverso una programmazione che finanzi a livello territoriale i Patti Educativi di Comunità, coinvolgendo i vari soggetti attivi (istituzionali e non) e condividendo la strategia per arricchire le aree periferiche di opportunità educative. Filo rosso che lega le sei proposte il fatto che le periferie sono destinate sempre più a diventare i nuovi centri nevralgici delle città.