Il trionfo, la festa, l’ennesima promessa di “riscatto”. Se fosse il titolo di un libro sarebbe “Il resto di niente” di Enzo Striano. E se a Napoli ci si interroga su cos’è rimasto di questo scudetto celebrato in tutto il mondo c’è chi evoca il niente. “Rinascita”, “occasione di sviluppo”, “motore di cambiamento” sono state le parole e i pensieri ripetuti nella primavera scorsa mentre centinaia di migliaia di napoletani e turisti affollavano le strade della grande festa pop. Ma poi, dalle parole si è passati veramente ai fatti? Nella città dove il calcio è una religione, il Tricolore è riuscito a penetrare nelle eterne emergenze, nei progetti mai conclusi (vedi Bagnoli) e nei problemi socio-criminali di chi vive sotto al Vesuvio?
Il successo nel calcio a Napoli ha creato grandi aspettative. In gran parte mancate
Secondo Maria Luisa Iavarone, ordinaria all’Università Partenope e presidente dell’Associazione Artur, “a Napoli attendiamo altre ‘vittorie’ che passano attraverso la sconfitta definitiva del sistema criminale che capillarmente attrae e risucchia i giovani, di quelli che sparano e di quelli che vengono lasciati sul terreno da vittime innocenti. La mia preoccupazione più grande è intrinsecamente collegata al contrasto a tutte le forme di illegalità, e purtroppo lo scudetto francamente ha dato ossigeno anche al mercato dell’illegalità fatto di gadget contraffatti, di magliette e bandiere, di murales e di allestimenti che hanno dato linfa vitale ancora una volta alla camorra”.
Dopo l’omicidio di Giovanbattista Cutolo “Giogiò” è la criminalità il tema che preoccupa principalmente chi vive, lavora e porta avanti progetti di sviluppo a Napoli, come Giancarlo Arra, vicepresidente della Sbarro Foundation che a giugno è sbarcata in Italia con sede legale proprio in città: “Lo scudetto è stata un’illusione per noi napoletani e una solida realtà per la città. Per noi è stata un’illusione sul cambiamento perché speravo che oltre a portare il turismo portasse anche una ventata di internazionalizzazione per Napoli: per me è assurdo alle soglie del 2024 assistere a ciò che stiamo vedendo con una città in balia di gente che si autogoverna con le loro leggi senza rispettare le regole civili”.
Nelle classifiche che contano del lavoro, della cultura e della sicurezza non si avanza
“Poi da Caivano all’omicidio di Giogiò – prosegue Arra – è stato mortificante ed è impossibile che non ci siano controlli o che non si possa andare tranquilli a cena con il rischio di essere uccisi. Anche dagli Stati Uniti ci hanno chiesto come sia possibile una situazione simile. Poi aggiungo che i commercianti nel centro storico hanno investito nella città da cui possono nascere sbocchi lavorativi. Credo che il taglio del Reddito di cittadinanza abbia inciso sull’esplosione della microcriminalità come i furti delle auto”.
Si può essere campioni d’Italia e non avere strutture all’altezza per il calcio e le attività sportive?
Si può essere campioni d’Italia e non avere strutture all’altezza per il calcio e le attività sportive? La risposta arriva dal referente campano di Libera contro le mafie, Mariano Di Palma: “paradossale che Napoli non abbia impianti sportivi adeguati. Nella città campione d’Italia scarseggiano i luoghi dove poter far giocare a pallone i nostri ragazzi. Vale lo stesso per le aree verdi, sono pochissime quelle attrezzate. Mancano luoghi di socializzazione. La città non è libera dalla camorra, anzi. I cartelli della droga si sono solo spostati da un quartiere all’altro. Si registra, soprattutto negli ultimi mesi, un’esplosione della violenza giovanile accompagnata da un uso smodato delle armi. Questo è certamente uno dei tratti più preoccupanti della Napoli contemporanea”.
Secondo Melicia Comberiati della Cisl “la vittoria dello scudetto non può e non deve essere vista come una panacea per questi problemi. È importante che istituzioni, sindacato, imprese, società civile, affrontino unite queste questioni per migliorare la qualità della vita dei cittadini. La vera sfida ora è mantenere l’attenzione su tali questioni per provare a risolvere alcuni dei mali che affliggono Napoli”. E chi lavora nel mondo del calcio come vede “quel che resta” dello scudetto?
Per Marco Sommella, agente di diversi calciatori tra cui il napoletano Ciro Immobile, “lo scudetto è stato un evento molto importante per la festa, il coinvolgimento dei bambini, la grande eco avuta a livello internazionale e poi l’impatto sul turismo con i ristoranti pieni e quant’altro. Questo ha aiutato a dare uno slancio alla città, ma non deve servire uno scudetto per superare certi problemi che ci sono sempre stati e ci sono anche adesso. Resta una città complicata”. “Campioni in Italia” dicono giustamente gli striscioni degli ultras. Ma forse questo resta l’obiettivo culturale e sociale che a Napoli manca.