Da giorni la presidente del Consiglio Giorgia Meloni insiste: “Non sono isolata in Europa”, ripete ogni volta che gli capita un microfono o un taccuino sotto il naso. C’è da capirla: “L’autorevolezza dell’Italia nel mondo” è un caposaldo della sua propaganda e il travestimento da statista è servito proprio per legittimarla nei consessi internazionali.
La premier non trova nessun leader europeo che sia disposto a seguirla sulla balzana idea che la questione umanitaria possa essere secondaria alla questione politica
In Europa Meloni è talmente poco isolata che nonostante i ripetuti incontri e confronti di questi ultimi giorni con i capi di Stato europei l’unico risultato è una letterina d’intenti consegnata alla stampa con un leader che guida un Paese che nell’Unione europea non c’è più: la Gran Bretagna di Rishi Suniak. Meloni e Suniak hanno preso carta e penna per spiegarci che “solo impedendo il flusso di migranti irregolari possiamo ripristinare la fiducia dei cittadini britannici e italiani nei nostri confini nazionali e nella cooperazione internazionale”.
A nessuno dei due è balenato il dubbio che uno Stato nel cuore del Mediterraneo che si affaccia sull’Africa abbia problemi molto diversi dallo Stato britannico. A nessuno dei due è venuto il dubbio che dopo giorni in cui la presidente del Consiglio italiana ripete dappertutto che l’immigrazione è “una questione europea” suona piuttosto stonato che se ne parli con uno Stato extra Ue.
La ragione fondante di quella missiva è chiara: Meloni non trova nessun leader europeo che sia disposto a seguirla sulla balzana idea che la questione umanitaria possa essere secondaria alla questione politica. Avrebbe potuto firmare quella lettera con qualche suo amico ultra sovranista, ma avrebbe aumentato l’isolamento. Così s’è rifugierà da Suniak.