È stato ribattezzato decreto anticipi perché prevede che l’adeguamento delle pensioni arrivi prima del previsto, così come lo stanziamento di una parte dei fondi per i rinnovi dei contratti e quindi per gli aumenti degli stipendi.
Il governo varerà un provvedimento da 3,2 miliardi con un pre-conguaglio per le pensioni, adeguandole all’inflazione reale del 2023. Ci sarà anche un primo stanziamento per i rinnovi contrattuali della Pa, oltre ai fondi per gestire i flussi migratori.
Nella relazione della Nadef presentata in Parlamento, il governo ha anticipato che chiederà uno scostamento di 3,2 miliardi alle Camere, in modo da poter scaricare questa cifra sul bilancio del 2023 invece che del 2024. Un anticipo interessato, insomma, più che un favore a lavoratori e pensionati. Pensioni e stipendi, comunque, aumenteranno: vediamo da quando e di quanto.
Quanto aumentano le pensioni e da quando
L’idea, spiega il Sole 24 Ore, è di far avere ai pensionati il conguaglio delle pensioni 2023 (con l’adeguamento all’inflazione effettiva) in anticipo. Probabilmente a novembre. Si tratterebbe di un aumento una tantum che porterebbe l’incremento dell’anno in corso dal 7,3% precedentemente calcolato all’8,1%. Ovvero uno 0,8% in più sugli assegni previdenziali.
Per capire a quanto ammontano queste cifre, ricordiamo che non tutti i pensionati ricevono un adeguamento del 100%, avendo il governo Meloni tagliato la rivalutazione degli assegni. Solo chi prende fino a quattro volte il minimo avrà un incremento pieno, dello 0,8%.
Questo vuol dire che si avrà un aumento una tantum sul cedolino che va da circa 50 a circa 200 euro (per chi percepisce 2.102 euro lordi mensili).Poi l’aumento scende in percentuale e gli importi vanno a ridursi.
Stipendi più alti nella Pa, da quando
L’altro aspetto riguarda gli stipendi della pubblica amministrazione. Il governo stanzierà un primo fondo per avviare il rinnovo dei contratti, partendo dalla sanità. La vera urgenza è quella di caricare il deficit di quest’anno al posto di quello del 2024.
Parliamo, in ogni caso, di risorse minime rispetto a quelle che servirebbero per adeguare gli stipendi dei dipendenti pubblici all’inflazione: se si volesse adeguare la busta paga al caro-vita servirebbero 10 volte le risorse stanziate dal decreto.
L’altro punto riguarda la tempistica: le trattative sono ancora in alto mare, per tutti i comparti. Il che vuol dire che il governo per ora vuole solo accantonare i fondi, per evitare di fare più deficit nel 2024. Gli aumenti, quindi, scatteranno probabilmente solo con il prossimo anno, ma intanto vengono stanziate risorse destinate a quel fondo.