Si difende come può Giovanni Castellucci, l’ex amministratore delegato di Autostrade, malgrado i morti – tantissimi – contati durante la sua gestione. A Genova, sotto il ponte Morandi crollato nel 2018, furono 43. Ma nella scarpata di Acqualonga, vicino ad Avellino, nel 2013 persero la vita 40 persone, ed è impossibile tenere il conto di tutti gli altri incidenti fatali per le mancate manutenzioni di viadotti, corsie e guardrail.
Castellucci, condannato ieri in Appello a sei anni di reclusione – solo sei! – si è definito “un capro espiatorio”, ribaltando la sua pena sui beneficiari finali delle opere mai realizzate per la sicurezza. Questi beneficiari sono notissimi, e tutti a piede libero nonostante le accuse lanciate dai loro stessi collaboratori, intercettati a rinfacciarsi gli errori commessi per fare sempre più ricchi i propri padroni: i signori Benetton.
Grazie a una concessione scandalosa accordata dall’Anas ai tempi in cui c’era Mario Draghi a gestire le privatizzazioni di Stato, la famiglia di Ponzano Veneto ha rastrellato una fortuna, aumentando questo bendidio grazie a manager – vedi Castellucci – che limitavano le manutenzioni per far crescere i dividendi, come – si sente nelle registrazioni – si aspettavano gli azionisti di controllo.
Perciò l’ex numero uno delle autostrade ha poco da recriminare, se non di dover rispondere di una delle più grandi mangiatoie del Paese quasi da solo, mentre altri continuano a fare la bella vita, ossequiati da un sistema che agli ex potenti condona molto, ma ai potenti in carica perdona tutto.