È una lettura a doppio taglio quella che emerge dai dati presentati dall’Istat sulla revisione dei conti nazionali relativa al triennio 2020-2022. L’istituto nazionale di statistica conferma il tasso di crescita del Pil nel 2022, pari al 3,7%, e rivede al rialzo di 1,3 punti percentuali la crescita 2021 che sale all’8,3%.
Al rialzo della crescita corrisponde il calo del rapporto tra debito e Pil, che nel 2022 passa da 144,7% a 141,6%, mentre quello del 2021 passa da 149,8% a 147%. Dati indubbiamente positivi che, come ha certificato anche la Commissione europea, si devono per buona parte alla spinta arrivata dal settore delle costruzioni, grazie agli incentivi edilizi, primo fra tutti il tanto vituperato Superbonus.
Doppio taglio
Ma se da una parte l’Istat non può nascondere questa verità dall’altra dà un colpo anche alla botte, fornendo un assist al governo nella sua guerra al 110%, e sostenendo che il Superbonus ha annullato i miliardi che erano stati portati dalla revisione dei conti che ha migliorato di 0,2 punti il deficit nel 2021.
Il governo, com’è noto, sta cercando di concedere il bis a Gian Carlo Blangiardo alla guida dell’Istat. Il 74enne demografo è vicino alla Lega, partito che esprime il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in prima linea con la premier Giorgia Meloni nella guerra al Superbonus.
“Limitarsi a discutere della domanda e intervenire con ogni genere di invenzioni pur di spendere denaro pubblico e sussidiare qualcuno o qualcosa, sempre più si è rivelato denso di conseguenze non volute e anzi nocive”, ha ribadito ieri il ministro leghista.
Il commento
Ritornando aIl’Istat è emblematico del cerchiobottismo di Blangiardo il commento ai dati diffusi ieri. Che, certificando come i governi precedenti a quello attuale hanno fatto meglio in termini di Pil, cozza con le dichiarazioni sul Superbonus che ha mangiato i benefici sui conti.
“La stima aggiornata dei conti economici nazionali conferma – scrive l’Istat – il tasso di crescita del Pil in volume nel 2022, pari al 3,7%, a fronte di una crescita dell’8,3% nel 2021, al rialzo di 1,3 punti percentuali rispetto alle stime diffuse ad aprile 2022. Dal lato della domanda, a trainare la crescita del Pil nel 2022 è stata la domanda interna, mentre la domanda estera e la variazione delle scorte hanno fornito contributi negativi. Dal lato dell’offerta di beni e servizi, si confermano la contrazione in agricoltura e gli aumenti consistenti del valore aggiunto nelle costruzioni e nella maggior parte dei comparti del terziario”.
Un’ambivalenza che consente tanto alle destre al governo di scagliarsi contro il Superbonus quanto ai Cinque Stelle, a cui si deve la paternità della misura, di difenderne la bontà.
Fake news
“Il Superbonus di Conte si conferma un ordigno devastante piazzato da Pd e M5s nella finanza pubblica italiana. Solamente l’equilibrio dei conti che il governo Meloni continua a garantire, dopo un 2022 che aveva già fatto registrare un netto miglioramento della struttura finanziaria dello Stato, può rimediare al disastro del governo Conte II.
La strada per uscirne è lunga e accidentata, ma di sicuro non ci difettano né la volontà né tantomeno la competenza”, dichiara Marco Osnato di FdI, presidente della Commissione Finanze e responsabile economico del partito. Che si guarda bene dal ricordare invece che nel secondo trimestre di quest’anno la crescita ha subito una contrazione dello 0,4%.
La verità
I dati Istat – spiegano i parlamentari M5S delle commissioni Bilancio e Finanze di Camera e Senato – “rappresentano la migliore operazione verità di fronte alle tante panzane ripetute in loop da Meloni e compagni in questi mesi. Il Pil del 2021 è stato rivisto al rialzo dall’Istat: dal già cospicuo +7% al nuovo +8,3%. Un dato ascrivibile in toto alle politiche messe in atto dal governo Conte II, e a misure dall’impatto economico formidabile quali Superbonus 110% e Transizione 4.0. E a tal proposito, quel numeretto da solo stronca la fantasiosa narrazione meloniana sul Superbonus. Non c’è alcuno ‘sfascio contabile’”.
Questo aggiornamento porta con sé anche una diminuzione più cospicua del rapporto debito-Pil, dato in calo di 14 punti dal 2020 al 2022 e quindi presumibilmente ancor più in picchiata nell’anno in corso.
E lo stesso rapporto deficit-Pil è in costante discesa, tra l’altro in anni di sospensione del Patto di stabilità e crescita. Per concludere che il ritmo di crescita generato dalle politiche del Conte II è arrivato a toccare il +12% del Pil nel biennio 2021-2022, mentre nel 2023 l’esecutivo sta riconsegnando il Paese a una crescita da zero virgola.