Come nei libri gialli, dove l’assassino è sempre il maggiordomo, nella nostra economia ogni male è dovuto immancabilmente al Superbonus. Certo, tutti sanno che ha contribuito come nient’altro alla ripartenza del Paese dopo la pandemia, che ha salvato il comparto dell’edilizia e delle manutenzioni sull’orlo del fallimento, che ha reso più stabile e sicuro un gigantesco numero di immobili, che ha ridotto la dispersione termica e negli anni farà risparmiare un mucchio di soldi sulle bollette dell’energia, oltre che ridurre sensibilmente l’inquinamento nelle città.
I più informati sanno anche che ha portato allo Stato un notevole gettito fiscale, compensando il costo per le casse pubbliche. Eppure persino ieri, di fronte alla revisione al rialzo del dato sul Pil del 2021, l’Istat ha mandato in secondo piano il record della crescita – passata dal già clamoroso 7% a uno stratosferico +8,3 – addossando al Superbonus l’eccesso della spesa, come se in Italia non si buttassero miliardi da tutte le parti, a cominciare dai sussidi improduttivi accumulati in decenni dai soliti noti dell’industria e della finanza. Dunque, al netto dei commenti rilasciati dall’Istituto nazionale di statistica – dove il presidente in attesa di conferma è casualmente della Lega – guardiamo l’unica cosa che conta davvero, ossia il dato finale, ricordando che ognuno può raccontarci le sue storie come vuole, ma i numeri sono argomenti testardi.
E se mettiamo a confronto il +8,3 del governo Conte con lo 0,8 (se ci arriva!) della Meloni quest’anno, giusto i cialtroni più di moda nei talk show potranno dire che le destre stanno facendo meglio. Per chi invece non si fa incantare da certa propaganda, e sa fare di conto, possiamo sommare la crescita del biennio 2000-2022 in cui ha steso i suoi effetti il Superbonus dei Cinque Stelle, arrivando a un rotondo +12%. Una cifra che ricorda i tempi d’oro dei colossi asiatici e non l’austerità che ci ha lasciato Berlusconi e in cui ci stanno riconducendo a passo svelto la Meloni e il suo governo senza una sola idea per lo sviluppo, se non quella del rigore nei conti. Un obiettivo necessario, ma micidiale se non lo si lega a qualche leva per la crescita.