Dopo la tregua estiva, il Centrodestra torna alla carica sul nucleare con il ministro Pichetto Fratin convinto che bisogna accelerare sull’energia dall’atomo “perché le rinnovabili non bastano”. Sergio Costa, vicepresidente M5S della Camera dei deputati ed ex ministro dell’Ambiente, è davvero così?
“Allo stato attuale è vero che le rinnovabili non bastano ma se non investiamo su di esse allora non basteranno mai. In tal senso faccio notare che ancora oggi mancano i decreti attuativi per le comunità energetiche che limitano l’utilizzo delle fonti rinnovabili. Inoltre le faccio presente che le tre direttive europee, la Red I, II e III, prevedono una precisa soglia da rispettare entro il 2030 e per la precisione con la Red III questa è pari ad almeno il 45 per cento Parliamo di impegni che tutti i Paesi Ue sono chiamati a recepire e che, trattandosi di interventi strutturali, richiedono anche la costruzione di infrastrutture di accumulo su cui questo governo non mi sembra fare granché. Ma forse non è chiaro che il 2030 è tra sette anni, ossia letteralmente domani mattina e quindi dobbiamo lavorare da subito sulle rinnovabili. Ma c’è di più perché dopo il 2030, c’è anche la scadenza del 2050 con cui l’Ue prevede la neutralità carbonica e una quota ancora maggiore di energia derivante dalle fonti rinnovabili. Detto questo, qualunque cosa il governo voglia fare in materia energetica, deve comunque rispettare il target stabilito in queste direttive”.
Pichetto Fratin, intervistato da Repubblica, ha detto che bisogna “superare i due referendum” con cui gli italiani hanno detto no al nucleare. Com’è possibile che un ministro chieda di ignorare il volere dei propri cittadini?
“Non è come dice lui. Nei quesiti referendari non c’è mai stato scritto a quale tecnologia ci si riferisse e per due volte il popolo italiano ha detto di non volere il nucleare, assumendosene i rischi energetici. Se si vuole cambiare qualcosa, allora il governo farebbe bene a interrogare gli italiani con un terzo referendum spiegando perché la situazione sarebbe cambiata. Mi lasci dire che delle tante cose che Pichetto Fratin ha detto nell’intervista, concordo solo sulla necessità di investire nella ricerca che deve andare avanti per arrivare alla fusione nucleare che sarebbe un tocca sana per tutti”.
Ma di quale nucleare parlano le destre?
“Il ministro Pichetto Fratin parte dal presupposto di utilizzare le centrali di quarta generazione che, ricordo, si basano sul principio della fissione nucleare e non della fusione che non produrrebbe scorie ma che non vedrà la luce per almeno altri quarant’anni. Per essere chiari non è quella usata a Chernobyl in termini di sicurezza ma il sistema di produzione energetico si basa sul medesimo principio: la fissione. Una tecnologia che la Germania sta abbandonando perché produce scorie ad altissima intensità con periodi di decadenza millenari e che richiedono dei depositi di rifiuti radioattivi, i cosiddetti sarcofagi, che devono essere installati su territori sicuri. Tra l’altro le faccio presente che il ministro parlando di centrali di quarta generazione e sottolineando il loro essere più piccole, di conseguenza meno performanti ma a suo dire facilmente gestibili, sta supponendo di installarne un numero non indifferente su tutto il territorio nazionale con annessi altrettanti sarcofagi per contenere le scorie. Il problema è che il 74 per cento del territorio italiano è soggetto a rischio vulcanico, alluvionale, sismico o idrogeologico in generale. Ne consegue che resta un 26 per cento astrattamente idoneo da cui, però, devi eliminare i centri abitati. Ebbene resta appena il 10 per cento del territorio adatto e questo si trova principalmente in Sardegna e in piccolissime porzioni del Piemonte e della Lombardia”.
Da Salvini a Calenda si fa a gara a parlare di nucleare sicuro. Ma esiste davvero oppure il problema della sicurezza delle centrali nucleari è ancora d’attualità?
“Nel concetto di sicurezza non rientrano solo gli incidenti ma bisogna tenere conto di tutta la filiera e quindi anche della produzione di scorie. La sensazione è che il partito del nucleare vede la possibilità di spendere soldi, senza minimamente preoccuparsi dell’impianto territoriale e della volontà delle persone che non vogliono trovarsi una centrale o un deposito di scorie vicino casa”.
Il ‘partito del nucleare’ afferma che questa tecnologia è economicamente sostenibile. I dati, però, raccontano un’altra storia perché per realizzare una centrale di questo tipo occorrono almeno quindici anni e 12-15 miliardi di euro, per non parlare del problema dell’uranio che dovremmo acquistare all’estero…
“Intanto la correggo perché il tempo medio in Europa per costruire una centrale nucleare è di quasi venti anni e i costi, come nel caso dell’ultima centrale costruita in Francia, arrivano fino a 20 miliardi. Poi c’è il problema dell’uranio, una terra rara i cui costi stanno crescendo giornalmente, che deve essere acquistata al di fuori dell’Unione europea perché qui se ne trova poco o nulla. Ma le sembra normale che noi parliamo di introdurre il nucleare mentre la Germania che le ha, ha deciso di chiuderle perché hanno costi esorbitanti?”.
Intanto mentre il governo si distingue per la lentezza nel prendere ogni decisione, è partita a tempo di record la Piattaforma nazionale sul nucleare sostenibile. Come si spiega tanta fretta?
“Secondo me dovremmo chiederci perché sono così veloci sul nucleare mentre non sono altrettanto celeri sul deposito nazionale. Da ministro ho desecretato gli atti per realizzarlo e ho fatto la norma sul decommissioning ma è ancora tutto fermo. Evidentemente si va veloce sul nucleare perché ci sono in ballo montagne di soldi mentre non si procede sul deposito nazionale perché, assumendosi la responsabilità politica, scontenti i territori e perdi voti”.