Non c’è pace neppure per le mummie. Quelle custodite al Museo Egizio di Torino si sono viste rovinare il sonno dalla guerra scatenata da Fratelli d’Italia in Piemonte contro Christian Greco, che dal 2014 ricopre la carica di direttore, peraltro, con risultati eccellenti ed oggettivamente riscontrabili. L’evidenza fattuale non è la caratteristica su cui poggiano invece le critiche dall’assessore piemontese al Welfare, Maurizio Marrone – esponente di Fratelli d’Italia – che ricorda che “esistono persone più qualificate” per rivestire quel ruolo.
Chiesta la testa del direttore del Museo Egizio di Torino. Greco messo al rogo per i biglietti scontati a visitatori di fede musulmana
Affermazione che lo stesso egittologo – e qualsiasi persona di buon senso – riconosce come potenzialmente vera “c’è sempre qualcuno migliore di qualcun altro”, ma occorre cercarlo e per cercarlo bisogna avere delle ragioni. Esempio: cattiva gestione, bilancio in rosso, calo del numero di ingressi, carenza di progetti (ideati e attivati). Nulla di tutto questo è accaduto, anzi, è esattamente successo il contrario. Il che ci lascia intuire come mai si siano scomodati il Consiglio di amministrazione e il comitato scientifico del Museo Egizio, così come le istituzioni locali e diversi esponenti della politica, per difendere Greco.
ome se non bastasse è stata anche inviata una lettera aperta firmata da 92 studiosi che lascia chiaramente intendere quanto la gestione manageriale di Greco di un così importante presidio museale faccia gola a realtà internazionale che se lo contenderebbero. Insomma, un altro italianissimo talento che sarebbe indotto alla fuga contraddicendo la narrazione di un’Italia che deve saper valorizzare le proprie risorse, a partire da quelle umane. L’origine di questa anomala vicenda tutta nostrana è l’ideologia.
L’accusa mossa da Fratelli d’Italia risale al 2018 e ha come bersaglio polemico un’agevolazione economica degli ingressi al museo per persone di religione musulmana voluta da Greco stesso. Una misura della quale si poteva chiedere conto, ma che non può portare all’accusa preconfezionata di aver agito – a fronte dello straordinario lavoro svolto – in nome dell’ideologia. Anche perché l’ideologia sembra muovere tali accuse, colpire il merito in nome di una crociata nazionalista (contro chi discriminerebbe gli italiani) da rivendersi poi elettoralmente.
Colpire un’eccellenza italiana per difendere gli italiani, bel paradosso! Quando occorrerebbe puntare a concorsi trasparenti e parametri chiari che consentano di valutare l’operato di chi ricopre posizioni pubbliche di rilievo che non devono essere scelte dalla politica e condizionate da questa. Insomma, è il caso di dire chi di ideologia ferisce di ideologia perisce.