Ha scelto la strada della pensione anticipata ma sono in molti a scommettere che non se ne starà per molto a spasso, avendo mani libere e un curriculum più che qualificato: dal primo luglio il prefetto di carriera Franco Gabrielli ha lasciato il Viminale dove è stato per mesi tenuto in ammollo dopo la fine dell’esperienza al fianco di Mario Draghi come potente sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega ai servizi.
In pensione Franco Gabrielli. L’ex capo di Aisi, Polizia e Protezione civile col governo Meloni era finito in ammollo
Prima ancora era stato direttore del Sisde e dell’Aisi, prefetto dell’Aquila ferita a morte dal terremoto, Capo Dipartimento della Protezione civile, prefetto di Roma e poi capo della Polizia: un lungo e soprattutto qualificato palmares che rende, a maggior ragione in un Paese come l’Italia, incomprensibile l’abbandono anzitempo. Per dire, il suo collega Bruno Frattasi arrivato all’età della pensione dopo l’esperienza di prefetto di Roma (ultimo incarico dopo quarantadue anni nell’amministrazione dell’Interno in cui era stato tra l’altro Capo di Gabinetto del Ministro dell’interno, direttore dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati alla mafia e Capo Dipartimento dei Vigili del fuoco) si è visto immediatamente spalancare le porte ai vertici dell’Agenzia per la cybersicurezza: il governo si è affrettato a nominarlo direttore generale, benchè privo di esperienze specifiche nel settore.
Non è un mistero invece che il nuovo governo meloniano non abbia mai visto di buon occhio Gabrielli, tanto che qualcuno aveva fatto circolare la voce di un intervento quirinalizio: una chiamata provvidenziale nello staff di Sergio Mattarella onde metterlo al riparo rispetto a un possibile (e punitivo) reimpiego ministeriale. Una suggestione che però non ha trovato conferma: per lui invece era stata prevista una ricollocazione in ruolo al Viminale praticamente senza incarico.
A decantare o forse a pagare pegno per il legame con Draghi e col Pd, rango Paolo Gentiloni, Romano Prodi e Enrico Letta di cui è amico personale come pure eccellenti sono i rapporti con Gianni Letta (fu lui a volerlo prefetto all’Aquila dopo il sisma del 2009, incarico che poi gli valse la successione alla Protezione civile dopo l’era di Guido Bertolaso). E qualcuno, non certo disinteressatamente, ricorda che all’inizio degli anni ’80 Gabrielli era tra i più promettenti giovani democristiani che giravano intorno a Benigno Zaccagnini.
Di lui, poi entrato in Polizia nel 1985 per iniziare una carriera nell’amministrazione dell’Interno che si è interrotta anzitempo due mesi fa a 63 anni, adesso però sembra interessare soprattutto il futuro: secondo i rumors potrebbe agevolmente mettere le sue competenze al servizio di aziende di primaria importanza nel settore dell’intelligence. Ma c’è pure chi pensa che il destino di Gabrielli sia di ripartire dall’Europa un po’ come è accaduto a Draghi chiamato come consulente di Ursula von der Leyen.
Molti i rumors sulle prossime mosse. Dagli incarichi nel ramo intelligence a un seggio Ue in quota Pd-Gentiloni
Mentre altre voci dicono di una sua discesa in campo, specie dopo che a marzo scorso aveva picchiato sull’immigrazione – tema delicatissimo per il governo – dopo la tragedia di Cutro, dicendosi “avvilito dei soliti errori” e “dei ministri che fanno viaggi della speranza in Africa”, “dei proclami” e soprattutto del passaggio “dal buonismo al cattivismo senza una vera programmazione di politiche durature”.
Così aveva preso le distanze dalle politiche annunciate da Palazzo Chigi e persino dal lessico di Piantedosi: “A differenza del ministro, io sono stato un questurino a denominazione d’origine controllata e non mi sarei espresso come lui sulla strage di Cutro”. Parole pesanti come un macigno che Maurizio Gasparri aveva liquidato così: “Esce la sua anima da democristiano di sinistra… cerca il seggio”.