L’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha scritto, senza dubbio, un pezzo di storia della nostra Repubblica. Politico di punta della corrente “migliorista” del Partito comunista, uomo dalle relazioni di potere assolutamente trasversali, poco gradito alla sinistra con le radici salde sui valori della questione morale, sostenuto in momenti decisivi da esponenti politici di centro-destra. In linea non di rado con Silvio Berlusconi e con il pensiero liberista più incontrollato, sotto la sua presidenza si è consumata una delle stagioni più devastanti nella distruzione dello Stato sociale e dei diritti costituzionali fondamentali.
Giorgio Napolitano da capo del Csm ha colpito i pm sgraditi. Con la rielezione forzò la Costituzione
È stato un fautore convinto delle politiche di austerità, dei vincoli di bilancio e della privatizzazione selvaggia della maggior parte dei servizi pubblici essenziali. Un comunista che ha tradito molti valori del comunismo. Eletto per ben due volte ai vertici dello Stato sostenuto dai poteri forti del nostro Paese, rompendo una tradizione costituzionale che reputa non eleggibile una seconda volta la stessa persona. Coinvolto quando era Presidente della Camera dei Deputati, poi la sua posizione fu archiviata, nelle indagini sulla cosiddetta tangentopoli napoletana.
Non è stato un buon custode della Costituzione, ha promulgato più volte leggi in contrasto con la Costituzione, è stato però un uomo cardine del Sistema. Ma le critiche e le osservazioni non sono rivolte tanto al Napolitano uomo politico, ma al nefasto ruolo che ha svolto quando ha ricoperto le massime cariche dei vertici delle istituzioni democratiche del nostro Paese. Ha svolto, reiteratamente, una pervicace attività istituzionale tesa ad ostacolare la ricerca della verità e della giustizia su gravissimi fatti accaduti negli ultimi trent’anni in Italia.
Una delle vicende più inquietanti di cui si è reso responsabile il capo dello Stato e Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura è il conflitto di attribuzioni davanti alla Corte Costituzionale sollevato, nella veste proprio di Presidente della Repubblica, con la Procura della Repubblica di Palermo nell’ambito delle indagini sulla cosiddetta trattativa tra pezzi di Stato e cosa nostra.
Indagini che tendevano a chiarire il ruolo di esponenti apicali delle istituzioni soprattutto dopo l’assassinio del Procuratore Paolo Borsellino, un omicidio di Stato, in cui viene eliminato il pm che aveva scoperto che pezzi di Stato stavano trattando con cosa nostra dopo l’uccisione di Giovanni Falcone a Capaci. Un attentato terroristico-mafioso che ebbe evidenti effetti politici, in quanto Andreotti non divenne più Presidente della Repubblica e Bettino Craxi Presidente del Consiglio.
Dal Pci alla svolta liberista. Re Giorgio propiziò una fase rovinosa per lo Stato sociale e i diritti costituzionali
Utilizzando il suo ruolo ai vertici dello Stato, in palese conflitto d’interessi, Napolitano ha chiesto e poi ottenuto che venissero distrutte le intercettazioni telefoniche tra lui stesso e il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, disposte dalla magistratura palermitana per fare luce su una delle vicende più terribili consumate nel nostro Paese tra le stragi di Capaci e di via D’Amelio e le bombe che hanno poi insanguinato diverse città nei messi successivi. Senza quelle intercettazioni non sapremo mai che si sono dette le più alte cariche dello Stato e sarà anche più difficile apprendere perché furono uccisi Falcone e Borsellino e come la storia democratica sia stata insanguinata e deviata da traditori dello Stato.
Giorgio Napolitano, durante le indagini sulla trattativa Stato-Mafia, mentre la mafia più violenta e crudele aveva progettato un attentato al pubblico ministero titolare dell’indagine Nino Di Matteo, chiedeva contestualmente al Procuratore Generale della Cassazione il procedimento disciplinare nei confronti proprio del predetto magistrato.
Sempre nella stessa qualità di capo dello Stato e Presidente del Csm Napolitano è stato determinante a provocare il mio allontanamento dalla Calabria, durante le funzioni di Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, contestualmente al periodo in cui mi furono sottratte indagini delicatissime sui rapporti tra ‘Ndrangheta, politica tanto di centro-destra che di centro-sinistra, magistrati collusi, esponenti deviati di forze di polizia e servizi segreti, con il collante delle logge occulte. Massomafie imperanti in grado di interferire con inaudita violenza istituzionale su chi era fuori dal sistema.
Il Csm, presieduto da Napolitano e Mancino, dispose il mio trasferimento dalla Calabria per incompatibilità ambientale sottraendomi anche le funzioni di pubblico ministero. Ci impedirono di continuare a lavorare su una vera e propria rete criminale che imperversava potentissima e sulla quale poi ha anche investigato il Procuratore Gratteri che Napolitano non volle ministro quando era Presiedente della Repubblica.
E quando altri magistrati, pubblici ministeri della Procura della Repubblica di Salerno, accertarono la correttezza totale del mio operato e le gravi interferenze criminali delle quali ero ed eravamo vittime, furono anche loro immediatamente trasferiti su impulso determinante di Napolitano. Difatti, quando i magistrati inquirenti di Salerno si recarono a Catanzaro ed indagarono vertici giudiziari, perquisirono e sequestrarono atti e documenti a magistrati in servizio a Catanzaro furono indagati dagli stessi magistrati indagati che sequestrarono gli atti che i pm di Salerno avevano sequestrato.
Ha contribuito in modo determinante ad ostacolare e fermare servitori dello Stato leali alla Costituzione
Come se i poliziotti che stanno arrestando i rapinatori vengono a loro volta arrestati dai rapinatori. Condotte senza precedenti che invece di essere stigmatizzate dai vertici istituzionali trovarono una “copertura” proprio in Giorgio Napolitano che parlò di guerra tra procure, mettendo sullo stesso piano aggressori e aggrediti. Questa è una parte della storia di Giorgio Napolitano, un uomo delle istituzioni che ha contribuito in modo determinante ad ostacolare e fermare servitori dello Stato leali alla Costituzione ed impegnati solo, con onestà, coraggio ed abnegazione, a ricercare verità e giustizia.