Una figura a dir poco barbina. È quella rimediata dal ministro Gennaro Sangiuliano e complessivamente da tutto il governo Meloni. La storia è nota. Per poter procedere all’occupazione della Rai l’esecutivo aveva rimosso, con un decreto legge varato nel maggio scorso, il sovrintendente del teatro San Carlo di Napoli, Stephane Lissner, per sostituirlo con Carlo Fuortes costretto a dimettersi dalla guida di viale Mazzini. Ieri il colpo di teatro.
Il Tribunale di Napoli ha reintegrato in via cautelare nel suo ruolo Lissner. Il cui contratto sarebbe scaduto nel 2025. Per rimuoverlo subito si stabilì, appunto, che chi ha già compiuto i 70 anni decade da ogni incarico in teatri e fondazioni liriche. Peccato che i legali di Lissner la ritenessero una norma illegittima e il giudice ha dato loro ragione. ‘’La revoca ante tempus, rispetto alla naturale scadenza, del contratto di lavoro in corso del Maestro Lissner avente ad oggetto l’incarico di sovrintendente e direttore artistico del Teatro San Carlo deve ritenersi illegittima non rientrando il suo caso nello spettro di applicazione della norma’’, spiega il giudice nell’ordinanza di reintegro, aggiungendo che “qualora la disposizione fosse stata applicabile al maestro Lissner, sussistevano i requisiti per sollevare una questione di legittimità costituzionale del decreto legge del Governo”.
Figuraccia di Sangiuliano. Illegittima la rimozione di Lissner. Salta la scelta ad personam dell’ex Ad Rai, Carlo Fuortes
Il collegio difensivo che assiste Lissner spiega in una nota che “il tribunale del Lavoro di Napoli ha deciso, su una materia nuova e particolare, in via d’urgenza con grande sensibilità costituzionale, cognizione giuridica e senso di responsabilità. Il provvedimento è motivato con cura e, aldilà della fase cautelare in cui è stato emesso, dovrebbe ragionevolmente porre fine, nella sostanza giuridica, a questo contenzioso. Il ripristino del rapporto di lavoro del maestro Lissner è infatti un dato giuridicamente ineccepibile perché il decreto, davvero ‘infelice’ nella sua formulazione, che ne aveva giustificato l’interruzione non è applicabile a questa specifica situazione.
Se, invece, si fosse applicato, esso avrebbe avuto carattere discriminatorio e avrebbe leso i diritti fondamentali del maestro Lissner. La decisione ha, inoltre, come effetto di riportare i passaggi di consegne nel solco della normativa e della prassi degli Enti Lirici in modo da assicurarne la buona gestione nel contesto dei lunghi cicli di programmazione che caratterizzano questa attività”.
Esultano le opposizioni. “La decisione del giudice del lavoro di Napoli dimostra che il decreto legge del governo era una evidente e illegittima forzatura, l’ennesima norma costruita ad hoc per occupare e lottizzare postazioni di potere “, dice il senatore dem Antonio Misiani. La deputata M5S Anna Laura Orrico parla di “ennesimo pasticcio di questo governo, che a furia di giocare con le poltrone espone istituzioni culturali così prestigiose e la città di Napoli a situazioni tanto imbarazzanti”. Ma soprattutto esulta Lissner. “Un atto di giustizia – dichiara – dopo mesi trascorsi in un ‘limbo’ che non meritavo io ma soprattutto non meritavano il Teatro San Carlo e la città di Napoli”.
E ora la vicenda Lissner costituisce un precedente che potrebbe valere per altri. A marzo, quando erano iniziate le polemiche sulla prossima guida della Scala, il suo sovrintendente Dominique Meyer aveva usato una metafora per spiegare che avrebbe voluto rimanere: “Ho rimesso a posto la Ferrari, vorrei guidarla per un po’”. E adesso qualche spiraglio, dopo la decisione del Tribunale di Napoli, sembra aprirsi. Meyer compirà 70 anni nel 2025, quando è in scadenza il suo contratto. E quando, in teoria, per effetto del decreto di maggio dovrebbe lasciare. In teoria.