La Banca centrale europea boccia, senza se e senza ma, la tassa sugli extraprofitti del governo Meloni. Nulla di sorprendente, se consideriamo che le banche difficilmente possano dirsi favorevoli a un’imposta a loro carico. Ma i rilievi sono sia formali che sostanziali, criticando non solo il principio ma anche alcune norme nel merito della misura voluta dal governo Meloni.
Il parere della Bce riguarda sia i profili di stabilità degli istituti che il ruolo di vigilanza. Il messaggio inviato al Mef è firmato dalla presidente Christine Lagarde e arriva dopo che l’11 agosto il governo ha inviato il testo del provvedimento a Francoforte.
Le critiche della Bce sulla tassa sugli extraprofitti delle banche
I rilievi della Bce, come avvenuto per altri casi del passato come quello della Spagna, sono formali e sostanziali: la richiesta al governo è di valutare meglio le ricadute dell’imposta sul credito in Italia e sulla capacità degli istituti di assorbire gli attuali problemi.
Per la Bce l’imposta straordinaria riguarderebbe sia gli enti creditizi vigilati direttamente dalla Bce che gli istituti meno significativi, vigilati direttamente dalle autorità nazionali. Per l’Eurotower proprio le banche più piccole, che tendono a concentrarsi soprattutto sull’attività di prestito, sono quelle più a rischio.
Per la Banca centrale, inoltre, è necessaria “una chiara separazione tra la natura straordinaria dei proventi e le risorse di bilancio generali del governo, per evitare il loro utilizzo per fini di consolidamento fiscale generale”. Francoforte chiede al governo di valutare in maniera più approfondita le conseguenze negative per il settore bancario, soprattutto per quanto riguarda la redditività a lungo termine, oltre che l’accesso ai finanziamenti e la concessione di nuovi prestiti.
Uno dei problemi è che l’imposta straordinaria può incidere sulla capacità degli istituti di “costituire solide base patrimoniali e di effettuare adeguati accantonamenti per maggiori svalutazioni e un deterioramento della qualità creditizia”. Potrebbe essere più complicato, per le banche, accumulare riserve supplementari di capitale. E questo può rendere anche “più costoso per le banche attrarre nuovo capitale azionario e finanziamento all’ingrosso, in quanto gli investitori nazionali ed esteri potrebbero avere meno interesse a investire”. Cioè la tassa sugli extraprofitti può disincentivare gli investimenti esteri.
La revisione della tassa sugli extraprofitti si avvicina?
La revisione della tassa sugli extraprofitti sembra probabile da settimane, soprattutto su spinta di Forza Italia. Che ha annunciato la presentazione di alcuni emendamenti sulla tassa e che ora può far leva anche sui rilievi della Bce. Sembra quindi probabile una modifica della misura che ne riduca l’impatto: non più i circa 2,5 miliardi di euro preventivati dal governo, ma forse addirittura la metà.