Radio Padania pagata dallo Stato. La Rai è sempre più Meloni

Parla il giornalista Giovani Valentini: lottizzazione mai vista. "Un paradosso la presidente nel board della Bbc".

Radio Padania pagata dallo Stato. La Rai è sempre più Meloni

Quando pensiamo all’informazione, guardiamo alla Bbc come modello di indipendenza dalla politica. Giovanni Valentini (ex direttore dell’Europeo e dell’Espresso e già vicedirettore di Repubblica, autore della rubrica ‘Il sabato del villaggio’ sul Fatto Quotidiano), come si spiega che nel cda della rete britannica sia finita la presidente della Rai, Marinella Soldi, considerando che il servizio pubblico italiano è tra i più controllati dal potere?
“I casi sono due: o la Soldi si prepara a uscire dalla Rai in vista del rinnovo del cda che ci sarà a luglio oppure vuole ricandidarsi alla presidenza, come lascerebbe intendere il comunicato con cui ha dato notizia della nomina nella Bbc precisando che questo incarico non è incompatibile con il suo ruolo nel servizio pubblico italiano. Certamente è un’incongruenza il fatto che si possa passare dalla Rai, regno della partitocrazia, alla Bbc che è l’esatto opposto. Detto questo esiste una differenza strutturale tra le due emittenti: il board della Bbc non è nominato dal governo, a differenza del cda della Rai che è subalterno all’esecutivo in carica. Questo aspetto è addirittura peggiorato con la controriforma di Renzi, dal momento in cui ha stabilito che il presidente e l’amministratore delegato della Rai vengono nominati direttamente da Palazzo Chigi. Una condizione che una corrente di pensiero, di cui faccio parte anch’io, chiede di cambiare da tempo, proponendo che la governance della Rai passi dalla politica, la quale ora nomina sei consiglieri su sette, a una Fondazione indipendente composta da membri della società civile. Ma finora non siamo stati ascoltati”.

Di recente proprio lei ha spiegato che in realtà qualcosa si starebbe smuovendo con il governo che vorrebbe condizionare anche la scelta del rappresentate dei dipendenti nel cda Rai. Ci può spiegare cosa cambierebbe per il servizio pubblico?
“Come ho ricordato prima, su sette consiglieri ben sei sono frutto della partitocrazia. L’unico componente del cda estraneo alla politica è quello scelto dai dipendenti Rai. Nella situazione attuale, due consiglieri sono stati nominati dall’attuale opposizione, due dalla Lega e da Forza Italia – con la colpevole esclusione di Fratelli d’Italia -, uno dal governo Draghi ossia la Soldi e uno da quello della Meloni. In queste condizioni il rappresentante dei dipendenti che dovrà succedere al compianto Riccardo Laganà, il quale si è distinto per essere sempre stato super partes, può essere l’ago della bilancia. Ragion per cui mi sembra pericoloso, come ho già avuto modo di scrivere sul Fatto Quotidiano, quest’assalto finale con cui le destre stanno provando ad assoggettare ancor di più il servizio pubblico, premendo affinché il settimo consigliere sia scelto in un’area a loro vicina”.

Intanto nella Rai prosegue l’occupazione da parte delle destre. L’ultimo caso è quello di Radio Rai che tra Foa, Poletti e la Chirico sembra una nuova Radio Padania…
“Foa per la sua storia personale, per il suo curriculum e per il suo ruolo di ex presidente della Rai, è senza dubbio una persona rispettabile. Tuttavia da queste sue prime trasmissioni, ho la sensazione che come giornalista sia poco adatto alla conduzione di un programma radiofonico: spesso si limita a passare la palla ai suoi ospiti piuttosto che alimentare il contraddittorio. Tanto per intenderci quello che fa Giorgio Zanchini a Radio Anch’io, un esempio di come si conduce un programma radiofonico in quanto garantisce il pluralismo e sa condurre il dibattito con domande stimolanti. È chiaro che ormai la lottizzazione della Rai non risparmia nemmeno la Radio, ora più incisiva che in passato. La sinistra s’era sforzata almeno di garantire un pluralismo interno – seppur minimo – mentre ora le destre sembrano voler consumare una rivincita accaparrandosi tutto il bottino”.

Inizialmente cassato e osteggiato dalle destre, alla fine il giornalismo di inchiesta nella Rai è stato salvato. Ci spiega perché è tanto importante per un servizio pubblico di qualità?
“Bisogna dirlo onestamente: se è stato recuperato questo elemento fondamentale del servizio pubblico, è grazie alla presidente M5S della Vigilanza Rai, Barbara Floridia. Per il momento, è ancora un impegno a parole e dobbiamo attendere i fatti. Certo è che l’atteggiamento che questo cda ha avuto nei confronti di Report e di altre trasmissioni di inchiesta, come Petrolio, è stato poco confortante con alcuni spostamenti di palinsesto incomprensibili. Aggiungo poi un altro aspetto: quello della direzione dei Documentari, anch’essi servizi di approfondimento e denuncia, che un tempo era affidata a un giornalista mentre adesso è nelle mani di Fabrizio Zappi, già vicedirettore di Rai Fiction e considerato vicino alla Lega, che rischia di essere poco adatto per quel ruolo”.

Tutti i giornali si sono sdraiati davanti al libro intervista di Sallusti alla Meloni. Siamo al capolinea della libera informazione?
“Ma no, non esageriamo (sorride, ndr). Io non ho ancora letto il libro e non so se avrò tempo e modo di leggerlo. Ma so che Alessandro Sallusti è un professionista di lungo corso e non credo che abbia fatto un’intervista in ginocchio. Suppongo che abbia posto alla Meloni tutte le domande che doveva farle. E la premier ha tutto il diritto di esprimere le sue opinioni e di rilasciare un’intervista a un professionista amico. Certo farebbe bene a rispondere anche alle domande degli altri giornalisti durante le conferenze stampa”.