C’è un messaggio implicito nelle previsioni d’estate della Commissione europea sull’Italia e riguarda i salari. Gli stipendi in Italia non crescono al ritmo dell’inflazione e difficilmente lo faranno nei prossimi mesi. Il potere d’acquisto aumenterà nel 2024, è vero, ma solamente perché scenderà l’inflazione. Almeno si spera. La partita sui rinnovi dei contratti e sui conseguenti aumenti di stipendio rischia invece di restare ferma al palo a lungo.
Cosa dice la Commissione europea sui salari
L’esecutivo comunitario sottolinea che la spesa in Italia ha frenato a causa del minor reddito reale disponibile per colpa dell’inflazione. Così i risparmi sono diminuiti. In generale in Europa i salari hanno “continuato a crescere, ma a tassi leggermente al di sotto dell’inflazione”, come sottolinea il commissario all’Economia Paolo Gentiloni.
Il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti, prosegue Gentiloni, ha continuato a registrare un calo, anche se “più moderatamente rispetto ai trimestri precedenti”. Per quanto riguarda il prossimo anno, invece, “è previsto un aumento dei salari reali, dato che l’inflazione dovrebbe calare e i salari salire ulteriormente”.
Gli stipendi in Italia: cosa succederà nel 2024
Le previsioni estive della Commissione contengono anche delle stime per il 2024, quando ci si attende un “aumento molto graduale dei salari”. Ovvero un aumento lento e non vertiginoso. Che si registrerà in un contesto di condizioni occupazionali positive, sostenendo “un modesto aumento dei consumi privati per tutto il 2024”.
Anche qui il messaggio è implicito: se ci saranno migliori condizioni occupazionali e una importante riduzione dell’inflazione, ma i consumi aumenteranno in maniera modesta, viene da pensare che l’aumento dei salari non sarà poi così consistente. Anche se va sottolineata anche la “prevista scadenza di tutte le misure temporaneee” di sostegno al reddito che andrà a erodere il potere d’acquisto delle famiglie.
Le ripercussioni dell’aumento dei prezzi sul costo del lavoro, sottolinea ancora l’esecutivo Ue, saranno solo parziali e arriveranno “con notevole ritardo”. Tradotto: l’inflazione è cresciuta a dismisura, i prezzi pure, ma i salari no, come dimostra il fatto che il costo del lavoro per le aziende non aumenta.
Il problema è che gli stipendi salgono con ritmi molto lenti sia per la lunga durata delle negoziazioni salariali che per l’indicizzazione dei salari contrattuali a una “misura dell’inflazione interna che esclude l’impatto dell’inflazione energetica importata”.
In conclusione, ciò che ha detto in più e contorti modi la Commissione è che l’aumento degli stipendi non ci sarà se non in misura minima e con molto ritardo. A pagare il prezzo più alto dell’inflazione, insomma, saranno i lavoratori dipendenti e di conseguenza anche i consumi privati.