Sembra proprio che l’Italia non impari mai dai propri errori. Così dopo le alluvioni che negli ultimi tempi hanno interessato tutto il Paese e che sono sempre più frequenti, si scopre che si sta facendo poco e niente per arginare una delle sue cause ossia la cementificazione selvaggia che impermeabilizzando il terreno, rende impossibile drenare l’acqua piovana che così finisce per travolgere persone, case e interi paesi. Stando al report pubblicato da Openpolis emerge che, in base agli ultimi dati disponibili, nel 2021 risulta consumato il 7,13% del suolo italiano con un incremento di seimila ettari rispetto al 2020.
Consumo del suolo, obiettivi irrealizzabili
Come noto il consumo del suolo, elemento imprescindibile per la sopravvivenza umana, viene sfruttato da sempre per la coltivazione, raccogliere l’acqua e per estrarre preziose materie prime. Il problema, si legge nel report, è che “l’attività umana spesso comporta una sua copertura artificiale (per esempio con l’asfalto o il cemento)” e “quando la copertura è permanente, se ne provoca la perdita di produttività e quindi il progressivo degrado, oltre all’impermeabilizzazione.
Quest’ultimo fenomeno ha numerose conseguenze negative”, per esempio “un suolo impermeabile non è in grado di assorbire l’acqua piovana e quindi rende l’ambiente più vulnerabile davanti a fenomeni come le piogge torrenziali, esempi di eventi climatici estremi sempre più frequenti”. Insomma appare chiaro che il suolo è una risorsa sia fondamentale quanto esauribile e da tutelare.
Proprio per questo l’Unione europea si è data “l’obiettivo comunitario, contenuto nella soil strategy (strategia per il suolo), di azzerare il consumo di suolo netto entro il 2050”. Un traguardo che, però, l’Europa è ben lontana dal raggiungere e che lo è ancor di più per l’Italia, un Paese densamente abitato e fortemente industrializzato visto che “ogni anno nel nostro Paese il terreno coperto artificialmente aumenta di migliaia di ettari e il 2021, l’ultimo anno per cui sono disponibili i dati, non ha costituito un’eccezione”.
Un trend in crescita
Secondo l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), “nel 2021 sono coperti artificialmente oltre 2 milioni di ettari di terreno in Italia”, pari al 7,13% del terreno italiano. Un trend di crescita nel consumo del suolo che va avanti da anni malgrado i recenti eventi estremi, non ultimo la spaventosa alluvione che ha mandato sott’acqua mezza Emilia Romagna producendo 8,8 miliardi di euro di danni, che suggerirebbero un totale cambio di rotta.
In tal senso risultano impietosi i dati dei diversi istituti secondo cui il consumo del suolo “nel 2006 si attestava al 6,75%”, salito di 1,38% nel volgere di diciassette anni. E non va meglio neanche facendo riferimento ai dati dell’Eurostat che ci vedono tra i peggiori del continente visto che risultiamo il settimo Paese Ue per quantità di consumo del suolo.
Entrando nel dettaglio dei dati italiani emerge anche il differente tasso di sfruttamento intensivo del suolo che vede assolute protagoniste le regioni del nord e in particolare la zona più abitata e industrializzata del Paese ossia Lombardia con il 12,1% e Veneto con l’11,9%, seguite, un po’ a sorpresa, dalla Campania che arriva al 10,5%.
Male anche l’Emilia-Romagna che arriva all’8,9%, seguita dalla Puglia all’8,2% e dal Lazio all’8,1%. Le uniche note positive si registrano guardando ai dati della Valle d’Aosta, del Trentino-Alto Adige, della Basilicata, della Sardegna e del Molise, dove si registrano valori inferiori al 5%. A preoccupare, però, è che complessivamente tra 2020 e 2021 il suolo consumato è aumentato di 6.334 ettari in Italia.