La sanità è la prima indiziata per i tagli annunciati dal governo Meloni con la prossima manovra. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha chiesto uno stanziamento aggiuntivo di almeno quattro miliardi di euro, ma al momento il titolare dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non sembra intenzionato ad assecondare la sua richiesta. Anzi, proprio il settore sanitario è quello che rischia i tagli più ingenti con la prossima legge di Bilancio.
Compiendo un “delitto in piena regola della nostra sanità pubblica”, come lo definisce la vicepresidente del Senato ed esponente del Movimento 5 Stelle, Mariolina Castellone. Secondo la quale è stata una “follia” tagliare progetti del Pnrr riguardanti le case e gli ospedali di comunità, di fronte a una situazione in cui la sanità è “a un passo dal baratro” ed è “l’emergenza numero uno nel Paese”.
Il report della Fondazione Gimbe evidenzia il gap tra l’Italia e gli altri Paesi europei e dell’Ocse sulla spesa sanitaria: il divario è davvero incolmabile?
“Il divario non è affatto incolmabile. Purtroppo rischia di diventarlo con un Governo di centrodestra che interpreta il finanziamento della sanità pubblica sempre e solo come un costo, mai come un investimento, tanto più necessario dopo le urgenze messe in evidenza dal dramma pandemico che abbiamo vissuto. Il Governo Conte II e il M5S, in quel frangente, hanno cambiato un paradigma che adesso si dovrebbe difendere con le unghie e con i denti. Il Governo Meloni, invece, ha esercitato nettamente l’opzione dell’austerità e ne abbiamo avuto un plastico esempio con la prima Legge di bilancio. Ora ci risiamo”.
Negli ultimi 15 anni il gap si è andato allargando: perché in Italia non si ritiene mai prioritario, qualsiasi sia il governo, investire nella sanità? È solo una questione di convenienza politica ed elettorale?
“Non è il caso del Governo Conte, semmai di quei Governi di centrodestra e, dispiace dirlo, anche di centrosinistra che per decenni non hanno avuto la forza o la voglia di opporsi a politiche neoliberiste, totalmente improntate all’austerità, e di puntare su investimenti che oggi avrebbero assicurato un livello di protezione molto più alto”.
Durante la pandemia la spesa in Italia per la sanità è aumentata, ma meno che in tanti altri Paesi simili al nostro: a cosa sono dovute queste differenze? È davvero difficile aumentare gli investimenti in sanità a causa dell’alto debito pubblico italiano?
“Guardi, durante la pandemia il Governo Conte e il M5S sono riusciti a portare la spesa sanitaria in rapporto al Pil dal 6,4% al 7,4%, stabilizzando la stessa spesa oltre il 7% fino alla caduta del Conte II. Non solo, nel Pnrr da 200 miliardi portati in dote all’Italia dallo stesso Governo Conte, 15 miliardi sono tutt’ora dedicati alla ‘salute’ in termini di digitalizzazione e sanità territoriale. Peccato che il Governo, nel recente definanziamento da 16 miliardi di progetti Pnrr, che evidentemente non è in grado di gestire, abbia tagliato risorse proprio per le Case e gli Ospedali di comunità. Una follia”.
Per la prossima manovra servono almeno quattro miliardi per la sanità, ma il governo guidato da Giorgia Meloni sembra andare in tutt’altra direzione: il Sistema sanitario rischia davvero il collasso?
“In realtà, per recuperare il definanziamento dell’anno scorso e gli enormi costi energetici sostenuti dalle varie strutture, ne servirebbero anche di più. Già adesso la sanità è l’emergenza numero uno del Paese, le risultanze sulle liste d’attesa sono allarmanti, le urgenze di potenziamento del personale sono percepibili da chiunque. Più che un rischio, se il Governo non trova un sussulto di coraggio vedo una sanità a un passo dal baratro, soprattutto se si considera che l’Esecutivo ha programmato nel Def un ulteriore taglio della spesa sanitaria in rapporto al Pil al 6,3% nel 2024 e al 6,2% nel 2025. Stanno compiendo un ‘sanicidio’, un delitto in pieno regola della nostra sanità pubblica. Noi ci opporremo a tutto questo con ogni mezzo istituzionale, a partire da un progetto che depositeremo in Senato per una Sanità finanziata mai al di sotto del 7%. Come ci dice la fondazione Gimbe, oggi la media di spesa sanitaria pubblica dei Paesi Ocse e dei Paesi europei è al 7,1% e il Governo Meloni ci ha abbondantemente spinto al di sotto. Per questo vogliamo il 7% del Pil come una sorta di investimento sanitario minimo e inderogabile, dal quale partire per guardare più in alto”.
Com’è possibile, dopo l’emergenza pandemica, pensare di tagliare ancora sulla sanità per finanziare altre misure come sembra voler fare il governo?
“La domanda è da rivolgere a Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti. Tra l’altro mi lasci dire che qui si sono tagliate la sanità, la rivalutazione delle pensioni medie, il Reddito di cittadinanza, il Superbonus, Opzione Donna, il Piano Transizione 4.0 per le imprese, i Fondi affitto e morosità incolpevole e tante altre cose non certo per destinare le risorse ad altri investimenti. Si sono fatti tagli e basta, con un Paese che è cresciuto dell’11% nel biennio 2021-2022 e che adesso è proiettato verso lo ‘zero virgola qualcosa nel 2023’. Mi domando: qualcuno saprebbe indicare una misura secca di investimento riconducibile al Governo Meloni?”.
L’emergenza numero uno è probabilmente quella delle liste d’attese: quante risorse servirebbero per migliorare concretamente la situazione? E cosa pensa che farà il governo sul tema?
“Per ridurre le liste d’attesa è necessario puntare sul personale. È già stato stanziato un miliardo di euro per ridurre le liste stesse, ma i fondi sono per lo più inutilizzati perché non c’è personale. Chi deve fare i turni aggiuntivi per aumentare le prestazioni? Gli stessi medici e operatori sanitari che già oggi lavorano con turni massacranti? Mancano 30mila medici ospedalieri e 70mila infermieri, abbiamo il blocco delle assunzioni di personale rispetto al 2004. Abbiamo chiamato eroi i medici e gli infermieri durante la pandemia e questo è il momento di dare risposte concrete, valorizzando i contratti, che sono i meno remunerati d’Europa, stabilizzando il personale e facendo assunzioni”.