Gli esordi di notte a Radio Luna, il primo circuito radiofonico italiano. parte da qua la formidabile carriera di Francesco Acampora, presentatore realizzatosi professionalmente prima tra le braccia di Mamma Rai e poi nelle principali emittenti nazionali private. Un percorso – il suo – ricco di soddisfazioni e di aneddoti che hanno attraversato la storia della radio in Italia.
Quanto ti ha formato l’esperienza dei tuoi inizi a Radio Luna?
“Ho iniziato nel novembre ’76. Un giorno fecero l’annuncio di un provino, andai e lo superai. Situazione divertente e stressante, mi diedero 5 dischi da presentare e poi altri 3. Alla fine il “boss”, Sergio Talia, mandò via tutti e mi disse: “non sei capace, però hai una buona voce e quindi ti voglio dare una chance, ti dò lo spazio dalle 2.oo alle 4.00 di mattina”. Ero ancora studente liceale, mi consultai con i miei genitori e raggiungemmo l’accordo per 3 giorni la settimana. Andavo a dormire alle 21.00, sveglia all’1.15, la radio fortunatamente non era lontana, finito di trasmettere tornavo a dormire, alle 7.30 sveglia e andavo a scuola. L’esperienza è stata molto formativa. Era una radio che aveva già un aspetto molto professionale, c’erano Foxy John, Clelia Bendandi, Cristiana Niro, voci molto affermate. Mi sono trovato subito a confrontarmi con questa realtà molto importante. E poi era una radio che pagava: sono stato retribuito fin dal primo mese. La fortuna finale è stata quella di sostituire, dopo 2 mesi di gavetta, un conduttore che copriva la fascia pomeridiana”.
Il tuo approdo nelle braccia di Mamma Rai segna la tua carriera da professionista, come hai vissuto quegli anni?
“Sono arrivato a gennaio ’79. Foxy John era stato scelto per fare l’Hit Parade dei 45 giri (che ricominciava dopo cinque anni dopo Lelio Luttazzi) e mi dissero che cercavano qualcuno per la nuova Hit Parade degli LP. Superai il provino. Era un upgrade molto importante perché, improvvisamente, entravo a Via Asiago, il palazzo della storia della radio. Gli anni della Rai sono diventati ancora più importanti quando lasciai l’Hit Parade dei long playing e mi fu proposto di fare un programma con Dino Verde che conoscevo per nome come autore, Amurri e Verde, “Studio uno”, “La biblioteca di Studio Uno” col Quartetto Cetra, tutto quello che aveva fatto parte della mia infanzia televisiva. Trovarmi a fianco a lui è stato straordinario, si è creato un feeling fantastico, un rapporto zio-nipote, forse perché tutti e due napoletani, questo rapporto empatico si sentiva anche in onda, infatti il programma ha avuto grandissimo successo, arrivavano da tutta Italia mazzi di fiori, cesti di salumi e formaggi, manifestazioni di affetto incredibili, lì ho capito quanto la radio fosse veramente importante per le persone sole”.
Dopo l’esperienza nella radio pubblica arriva quella nelle radio nazionali private…
“Nel frattempo avevo continuato a Radio Luna che si era trasformata nel primo network nazionale ma non in interconnessione. Noi registravamo i programmi senza dire giorno, ora, gli stessi venivano duplicati prima su bobine e poi su cassette che venivano mandate alle Radio Luna in tutta Italia che erano arrivate ad essere fino a 50. Poi nel ’90 mi chiamò Montefusco e mi propose di andare da loro nel periodo in cui non facevo “RaiStereoDue” e iniziai a Dimensione Suono e sono rimasto con loro fino al ’96. Poi Montefusco mi propose la direzione di Dimensione Suono 2 e ho ristrutturato la radio, che era solo musicale, inserendo voci adulte, compresa la mia. Poi presi anche la direzione di Dimensione Suono Roma, radio locali, ma estremamente professionali e poi è arrivata RTL che mi fece la proposta di andare nella loro radio locale che stavano aprendo, RTL Roma, offrendomi il praticantato giornalistico. Ho passato lì 5 anni fino al 2002 e, da pochi mesi, sono ritornato su RTL 102.5 Best”.
Come vedi la radio del futuro: con più musica o più informazione?
“Dal punto di vista del giornalista vedo che la radio si sta man mano differenziando in 3 grandi filoni: la radio generalista con un’informazione limitata, a cadenza oraria, per dare la summa di quello che succede nella giornata, poi la radio che si basa quasi esclusivamente sull’informazione come Rai Radio 1, Radio 24 e infine radio miste, di flusso musicale alle quali poco importa dell’informazione perché partono dal concetto che ci sono altri che coprono queste esigenze. Un’interpretazione che mi sembra corretta e qui penso a diverse radio via web e DAB, che sono sempre più il futuro della radio perché l’etere ha il problema dell’affollamento. Per esempio la radio in cui trasmetto è only music h24, 365 giorni all’anno e ha la funzione specifica di assolvere alle necessità e desideri di chi non vuole l’informazione o preferisce cercarla in maniera diversa”.
Qualche emozione che hai piacere di ricordare?
“Mi è capitato di lavorare con tante persone, mi piace ricordare Clelia, che purtroppo ci ha lasciati qualche mese fa, con la quale credo di aver fatto la più bella delle mie edizioni di “RaiStereoDue”. Un altro collega che ci ha lasciato, Alfredo Morabito, persona deliziosa con cui ho condiviso il microfono. Tutte persone che per me hanno contato molto. Poi c’è un episodio divertente, all’epoca (anni ’80) stavo molto al telefono, non c’erano i cellulari, noi usavamo lo studio che la mattina era di “Radiodue 3131” con telefoni in entrata e in uscita. Avevo scoperto il numero di uno dei telefoni in entrata per cui, quando ero in radio, mi facevo chiamare direttamente lì, come fosse casa mia. Se non ero in regia rispondeva il regista che mi faceva segno che c’era qualcuno che mi cercava, mi chiamavano StereoSip. Era famosa questa dinamica, non avevo problemi a parlare anche all’ultimissimo secondo per cui il tecnico, mentre ero al telefono, mi diceva: “guarda che il disco è quasi finito, è finito” e io continuavo a parlare. Ci sono state delle volte che si sentiva la dissolvenza del disco, facevo una corsa senza chiudere le porte, mi piegavo sul microfono, accendevo il rosso e cominciavo a parlare senza nemmeno sedermi. Ma questa è preistoria!”.