Puntuale arriva la presunta minaccia di morte e il vittimismo. Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli, ha annunciato di aver ricevuto una lettera in cui si legge “se non la smetti di attuare la politica di genocidio nei confronti del Sud, con la nostra potenza di fuoco noi ti uccideremo. Siamo la mafia, non ci costa niente uccidervi”. Tutto documentato da informazione e foto diffuse dal ministro a favore dell’opinione pubblica. “Io non ho paura delle minacce, non mi spavento – ha detto Calderoli – e vado avanti fino a quando non avrò realizzato l’autonomia regionale. E poi dopo andrò a fare il pensionato sul mio trattore”.
Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie Calderoli mostra una lettera di minacce. Le Autonomie però hanno altri nemici
Ovviamente, puntuali, sono arrivati i messaggi di solidarietà. La presidente dei senatori di Forza Italia, Licia Ronzulli, ha detto che “la risposta migliore è continuare a lavorare, con coraggio, serietà e concretezza, come Calderoli sta facendo”. Mariastella Gelmini, portavoce di Azione, ha condannato la violenza e invitato ad “affrontare il tema dell’autonomia con serietà, lontano da quelle contrapposizioni che in questi anni hanno alimentato un dibattito ideologico e dannoso per il Paese”. A condannare la violenza anche Movimento Cinque Stelle, Pd, Italia Viva e diversi ministri.
Il vero nemico di Calderoli però più che una presunta “mafia” (che si firma “mafia”) continuano a essere i suo alleati di governo. Calderoli ha aperto il dossier che svende le funzioni nelle 23 materie di autonomia differenziata. Nell’Atto 615 del Senato ha voluto impostare la trattativa su sé stesso e gli esecutivi regionali, emarginando parlamento ed enti locali. Per i Lep (i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale) ha spericolatamente deciso di demandare il tutto ai singoli decreti ministeriali.
Ma su quella proposta di legge pesano centinaia di emendamenti da parte anche dei partiti che formano la maggioranza. Già a gennaio il presidente di Forza Italia Tajani aveva parlato di “qualche riserva, non sul principio, ma su alcune formulazioni”. Il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia), ha criticato l’atteggiamento tenuto da Calderoli, avvertendo che il processo dell’autonomia differenziata deve andare in parallelo col percorso di riforma per introdurre il presidenzialismo. Il grimaldello che permetterebbe di sbloccare la situazione è però un emendamento di FdI che riscrive completamente l’articolo 3 del provvedimento nella parte che riguarda la determinazione dei Lep: blinda la loro definizione e impone alcuni paletti, ritenuti, a destra e a sinistra, indispensabili per non avere un’Italia a due velocità. Basterà? No.
Non c’è bisogno di Cosa nostra per bloccare una legge molto criticata pure nella maggioranza
Sull’autonomia differenziata si gioca anche un battaglia politica tra Meloni e Salvini. Il leghista Zaia anche ad agosto ha cercato di mantenere a tutti i costi la questione dell’autonomia differenziata in cima all’agenda di governo, trascinando il presidenzialismo/premierato appoggiato anche da Renzi. Alla Lega però la riforma serve prima delle prossime elezioni europee per potersi confermare come “partito del Nord” e erodere la presidente Meloni. A Salvini la riforma serve per riuscire a rimanere in sella all guida del suo partito.
Difficile che la leader di Fratelli d’Italia (che invece punta al voto nazionale, non solo del nord) possa concedere così facilmente un regalo all’alleato, ancor di più ora che dalle parti della Lega si dicono pronti a logorare la premier per i trovi sbarchi. A Calderoli insomma conviene guardarsi intorno, più che nella casella delle lettere.