Negli ultimi giorni diversi esponenti di governo hanno richiamato il timore di un ritorno del vecchio Patto di stabilità. Dario Guarascio, professore di Politica economica dell’Università Sapienza di Roma, crede sia un rischio concreto?
“È difficile fare previsioni, ma dato il grado di profondità che la discussione ha assunto è difficile che non ci siano modifiche. E le prospettive a me sembra che siano negative. L’impressione è che l’Ue continui a contorcersi nelle sue vecchie contraddizioni e il rischio concreto è di uno scenario con regole restrittive e una riduzione significativa del margine di manovra fiscale, soprattutto per Paesi con debito elevato come l’Italia. Il ritorno tout court alle vecchie regole rappresenterebbe uno shock negativo importante, che richiederebbe un taglio consistente della spesa o un incremento delle entrate fiscali che penalizzerebbe la domanda aggregata e spingerebbe l’economia italiana verso la recessione. E si neutralizzarebbero gli effetti positivi del Pnrr”.
Trattare con l’Ue non è semplice…
“Penso che la posizione assunta dal governo, cioè chiedere di tener fuori alcune tipologie di investimenti, ha una relativa ragionevolezza, ma è il minimo sindacale. C’è una contraddizione su queste posizioni, anche condivisibili, nel richiedere che non si torni a un regime di austerità. Se guardiamo a quello che ha fatto l’esecutivo con il ridimensionamento del Reddito di cittadinanza, con le misure di facilitazione al ricorso ai contratti temporanei con il decreto Lavoro e più in generale non sembra andare nella direzione di una promozione dei redditi e della domanda, come dimostra il no al salario minimo. Inoltre, anche l’uso delle risorse è importante. Se si chiedono regole che non riducano le risorse, è importante capire cosa se ne fa. Se poi vengono destinate agli incentivi fiscali a favore delle imprese che spesso non hanno effetto strutturale sull’economia, ma vanno ad accrescere i profitti, allora questo è un altro elemento di contraddizione”.
Come andrà la trattativa in Ue sul Patto di stabilità? Meloni rischia l’isolamento?
“Il rischio è di far avvitare il dibattito e portare a decisioni di politica economica molto penalizzanti per noi, ma lesionistiche per l’intera Unione, pensando anche alla Germania ormai in recessione. Il problema è che ci sono degli elementi di persistenza nella dinamica politica e di costruzione del consenso nel centro-nord Europa che, nonostante alcune posizioni siano dannose per quelle stesse economie, rischiano di avere un peso importante nelle trattative. Ora è evidente che si dovrebbe andare in una direzione consona al nuovo contesto economico globale, con espansione e non restrizione delle spese. A oggi è un’esigenza di tutti gli Stati membri, anche quelli che fanno i falchi. Il fatto che la presidenza di turno è spagnola e la Francia è in condizioni economiche che non sono delle migliori, dovrebbe vedere l’esistenza di un blocco che tenta di spingere per una definizione di regole fiscali lontane dalle vecchie e per l’adozione di una proposta che non vada verso l’austerità”.
Cosa succederebbe in caso di ritorno alle vecchie regole in Italia?
“Se tornassero le regole pre-Covid, per l’Italia vorrebbe dire attaccare molti capitoli di spesa già falcidiati dalle crisi finanziarie, e quindi sanità, scuola, spesa sociale, ciò che ha reso l’Italia uno dei Paesi che ha pagato i costi più elevati della pandemia. Il taglio delle spese vorrebbe dire vanificare o rendere assolutamente irrealistici gli obiettivi del Pnrr sui cambiamenti tecnologici, sulla digitalizzazione. Sarebbe uno scenario molto molto negativo se si adottasse la prospettiva di spesa come un costo, perché in realtà la spesa è anche una componente della domanda e tagliandola si penalizza la dinamica del Pil e quindi l’economia va in recessione ma il debito invece di ridursi aumenta. E anche la proposta della Commissione contiene parametri di natura tecnica che neutrali e tecnici non sono ma che tendono a riprodurre lo schema del passato”.