La conferma è arrivata solo in serata: il capo della controversa brigata Wagner, Evgenij Prigozhin, è morto sul suo aereo abbattuto dai russi. L’ex cuoco di Putin, che aveva messo in piedi un vero e proprio esercito privato al servizio di Mosca, era da tempo inaffidabile, e i contorni della marcia di giugno scorso contro il Cremlino, per quanto apparentemente “perdonata”, restano tuttora oscuri.
È invece sicuro che gli alti ufficiali russi ritenuti più vicini alla Wagner sono saltati dal comando, e dunque erano senza fondamento le numerose cronache sul crepuscolo di Putin, che invece conserva ben saldo il suo potere. E se adesso non è facile capire quali contraccolpi seguiranno alla fine di Prigozhin, soprattutto in Africa dove la sua milizia è il braccio armato di Mosca, è più chiaro quello che sapevamo già mezzo milione di morti fa, quando partì l’invasione dell’Ucraina: senza un accordo con Putin scordiamoci ogni possibilità di pace.
Per questo la strategia della Nato, che ha come unica opzione l’improbabile vittoria militare di Zelensky, è senza uscita. Invece di armare all’infinito Kiev, sarebbe di gran lunga più saggio investire nella mediazione diplomatica che oggi è pressochè inesistente.
Riuscirci è chiaro che non sarà facile, e di sicuro le condizioni non saranno a buon mercato, ma ormai si è visto che continuare con le bombe non porta da nessuna parte. E alla fine, tra costi militari e dell’energia, il conto lo stiamo pagando pure noi. E più passa il tempo più il prezzo di tutto questo cresce.