La partita della manovra si preannuncia complicata. Una legge di Bilancio da 25-30 miliardi che rischia di mandare in frantumi diverse promesse elettorali del governo Meloni. Non ci sarà l’abolizione della legge Fornero, così come non verranno alzate le pensioni minime a mille euro. E non ci sarà l’estensione della flat tax.
Il ritorno del Patto di stabilità e delle regole fiscali comunitarie preoccupa. Soprattutto dopo che la crescita si è fermata, con tanto di trimestre negativo (-0,3%) da aprile a giugno. Anche il turismo è andato peggio del previsto e le speranze del governo, che pensava di poter contare su un Pil maggiore delle attese, si infrangono contro la realtà.
Quanti soldi ha il governo per la manovra
Il governo può contare su 4 miliardi di maggior deficit già previsti dal Def. Poi c’è la spending review, per 1,5 miliardi. Qualche altro introito arriverà dalla tassa sugli extraprofitti delle banche, ma dovrebbe essere al di sotto dei 2 miliardi.
Poi, spiega Repubblica, ci sarà un taglio dei bonus fiscali. Che servirà, però, per finanziare la riduzione delle aliquote Irpef da quattro a tre (serviranno circa 3-4 miliardi). Ma all’appello mancano circa 20 miliardi.
Cosa ci sarà nella legge di Bilancio e cosa salta
Di certo il governo confermerà il taglio del cuneo fiscale, che costa però 10 miliardi di euro circa. Per le pensioni ci si dovrà accontentare di una proroga di Quota 103 e Opzione donna, per costi di 1-2 miliardi. A cui aggiungere l’innalzamento delle minime a 600 euro per gli over 75. Ed è a rischio anche la piena rivalutazione delle pensioni che con l’inflazione costerebbe cara al governo.
Servono, poi, 2-3 miliardi per il rinnovo dei Fringe benefit e per la detassazione di tredicesima, straordinari e premi di produttività. Ci sono poi le spese indifferibili, come le missioni internazionali, che costano 6 miliardi.
Ma il governo è senza soldi e per mantenere solamente una piccola parte delle sue promesse, anzi per confermare quelle già in campo, l’unica strada percorribile è quella dell’austerità, congelando la spesa pubblica. Un taglio che, considerando l’inflazione, vale il 10%. A rimetterci saranno sanità, scuola e stipendi pubblici, con un rinnovo dei contratti che sembra slittare ancora una volta.