Una volta era una delle battaglie storiche delle destre. Il taglio delle accise sulla benzina doveva essere il primo provvedimento portato in Consiglio dei ministri da Matteo Salvini quando Lega e Movimento 5 Stelle si sono alleate per formare il primo governo Conte. Promessa, ovviamente, non mantenuta. Ma le destre non si sono arrese e hanno rilanciato la promessa. Lo ha fatto Fratelli d’Italia prima delle elezioni dello scorso settembre, scrivendolo nero su bianco nel programma. Ribandendo quanto sostenuto dall’attuale presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel 2019.
L’esecutivo, però, ha seguito ben altra strada, cancellando il taglio delle accise sui carburanti introdotto dal governo Draghi. L’ultima promessa risale a febbraio, quando di nuovo Salvini – attuale vicepresidente del Consiglio – prometteva un intervento del governo con un nuovo taglio delle accise in caso di aumento del prezzo sopra i 2 euro. In sostanza il costo che si registra oggi in autostrada. Insomma, tante promesse e nessuna mantenuta. Così il prezzo della benzina continua ad aumentare, per il 17esimo giorno consecutivo. E, se a pensare male si fa peccato ma spesso si azzecca, viene il dubbio che il governo stia approfittando della situazione per mettere da parte un po’ di risorse extra.
Con il caro benzina extraprofitti per lo Stato
Già, perché grazie all’aumento del prezzo della benzina sono aumentati anche gli incassi per lo Stato grazie a Iva e accise. L’esodo estivo ha già fruttato, secondo le stime di Assoutenti, oltre 2,2 miliardi di euro al governo. Insomma, non confermare il taglio delle accise porta all’esecutivo un bel tesoretto in vista di una manovra molto impegnativa. Se il prelievo sugli extraprofitti delle banche non dovesse bastare il governo potrebbe contare sugli extraprofitti che fa sulle spalle degli automobilisti.
Il calcolo di Assoutenti evidenzia come il governo avrebbe incassato grazie a esodo e controesodo circa 2,275 miliardi di euro, di cui 1,51 miliardi di accise e 762 milioni di Iva. Accise e Iva pesano per il 55,6% sul totale del prezzo della benzina e per il 51,8% su un litro di gasolio. D’altronde anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha di fatto ammesso che a guadagnarci è lo Stato.
Sulla benzina le parole di Urso sono un boomerang
Il ministro rivendica la piena efficacia – smentita dai fatti – dell’obbligo di esposizione del cartello medio dei prezzi e sostiene che il prezzo della benzina, “depurato dalle accise, è inferiore rispetto ad altri Paesi europei come Francia, Spagna e Germania”. Dove un litro di benzina costa meno. Ma in Italia, questa la logica conseguenza del ragionamento di Urso, è lo Stato a fare più incassi sugli automobilisti, facendo pagare loro più tasse. In pratica il prezzo più alto dei carburanti è dovuto a quanto lo Stato italiano incassa di Iva e accise. E meno male che ci ha pensato a Urso a prendersi la colpa involontariamente.
Un rialzo tira l’altro
Intanto il prezzo della benzina continua a salire per il 17esimo giorno di seguito. La benzina self in autostrada costa mediamente 2,019 euro al litro (prima di Ferragosto era a 2,015) e il gasolio 1,928 euro al litro (il 14 agosto era 1,921). Sulla rete generale il prezzo va dagli 1,924 euro al litro delle Marche a 1,969 euro in Puglia. Ma le brutte notizie per gli automobilisti italiani non sono finite, come mostra la mappa delle medie dei prezzi di cargopedia.it, elaborata da LaPresse: la cifra in Italia si attesta a 1,937 euro al litro. Peggio di noi fanno pochissimi Paesi come Islanda (2,142), Paesi Bassi (2,067) e Norvegia (2,039).
L’Italia è sesta in Ue per i prezzi della benzina ed è anche la peggiore tra i grandi Stati: in Francia il costo è di 1,894 euro al litro, in Germania 1,855, nel Regno Unito 1,719, in Spagna solo 1,687. Infine, come mostra Figisc-Confcommercio, ad agosto il prezzo in Italia è più alto rispetto alla media europea di 23 centesimi al litro per la benzina e di 17 centesimi per il gasolio. A fare la differenza sono quasi unicamente le maggiori imposte pagate in Italia.