A ogni domanda che le viene rivolta sull’aumento in misura esponenziale degli sbarchi di migranti sulle nostre coste, che il suo governo avrebbe dovuto magicamente contenere e dimezzare, la premier Giorgia Meloni risponde col fantomatico Piano Mattei.
In attesa di conoscerne i dettagli anche ieri ha detto che ci “stiamo lavorando, sarà una grande occasione per lo sviluppo di un’Africa che non si fida più dell’Occidente, finora bravo a dare consigli ma meno a dare una mano. Il lavoro è lungo e faticoso. In autunno ci saranno nuove iniziative”.
Sin dal suo discorso d’insediamento in Parlamento, Meloni aveva, del resto, fatto riferimento a un Piano Mattei per l’Africa e il Mediterraneo definendolo “un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area sub-sahariana”.
In pratica sarebbe la traduzione dello slogan “aiutiamoli a casa loro”, travestito in maniera più nobile dall’idea che una maggiore crescita nei paesi poveri sarebbe la chiave per disinnescare la bomba migratoria.
Altro che Piano Mattei, sui fondi per la cooperazione l’Italia è mani di forbice
Ma mentre si sostiene questo, nello stesso tempo si tagliano i fondi per la cooperazione allo sviluppo. Ci vengono in soccorso per ricostruire il quadro alcuni report di Openpolis. Dai dati Ocse sulle risorse che i paesi appartenenti al comitato Dac hanno destinato all’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) nel 2022 emerge come il rapporto tra questi fondi e il reddito nazionale lordo (Rnl) abbia raggiunto lo scorso anno il suo massimo storico.
Per quanto riguarda il nostro Paese ammonta a 0,32% il rapporto tra aiuto pubblico allo sviluppo e reddito nazionale lordo raggiunto nel 2022. Un dato ancora distante dall’obiettivo dello 0,70% Aps/Rnl ma comunque una significativa crescita rispetto agli scorsi anni.
Tuttavia se si osservano i dati con maggiore attenzione emerge chiaramente come la crescita sia il frutto di un effetto ottico, sostiene Openpolis. Complessivamente il valore dell’Aps italiano nel 2022 è stato pari a 6,1 miliardi di euro, ovvero 1 miliardo in più rispetto all’anno precedente. Ma per capire a fondo le ragioni di tale crescita occorre guardare alla composizione dell’Aps, distinguendo l’aiuto multilaterale da quello bilaterale.
Nel primo sono considerate le risorse destinate alle organizzazioni internazionali che si occupano di cooperazione allo sviluppo. Nel secondo vengono inclusi tutti quei programmi e progetti sviluppati dall’Italia direttamente nel paese beneficiario. In questa categoria rientra anche una particolare voce di spesa nota come “risorse per i rifugiati nel paese donatore”.
All’interno dell’Aps vengono incluse cioè anche risorse destinate all’accoglienza in Italia di richiedenti o titolari di protezione internazionale. Una voce di spesa che ha poco a che vedere con la cooperazione allo sviluppo e dunque risulta come una forma di aiuto gonfiato. Ebbene, se inizialmente si trattava di una quota ridotta di risorse, nel 2022 queste hanno raggiunto quasi 1,5 miliardi di euro, triplicando rispetto all’anno precedente.
Nel 2022 quindi questa forma di aiuto gonfiato ha rappresentato circa 1/5 dell’Aps italiano (22,9%) e poco meno della metà di tutto l’aiuto bilaterale (46,7%). Nel 2022, esclusa questa voce, si assiste a una riduzione del rapporto Aps/Rnl di 0,2 punti percentuali (dallo 0,26% allo 0,24% dell’anno precedente). Complessivamente, per farla breve, ammonta a -13,2% il calo dell’Aps italiano tra 2021 e 2022 al netto delle spese per i rifugiati e di quelle per la pandemia.