Resterà il giudizio della storia, come ha detto il procuratore capo di Genova, Nicola Piacente. Ma forse non quello delle aule dei tribunali. Il crollo del Ponte Morandi di Genova è una ferita ancora aperta, a cinque anni di distanza dalla tragedia che ha causato la morte di 43 persone. E il rischio è che, almeno dal punto di vista della giustizia, questa ferita non si rimargini mai.
Il timore della prescrizione per diversi capi d’accusa è ormai un elemento costante nel dibattito sul procedimento giudiziario e ritorna anche in occasione della celebrazione del quinto anniversario della tragedia del 14 agosto 2018.
Gli appelli sulla giustizia da Mattarella a Meloni
Non sono casuali le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quando – richiamando una “catastrofe tanto grave quanto inaccettabile” – sottolinea che “il trascorrere del tempo non attenua il peso delle responsabilità”. Bisogna “fare giustizia, completando l’iter processuale, con l’accertamento definitivo delle circostanze, delle colpe, delle omissioni”, dice il capo dello Stato. Che sa che non sarà così facile.
E lo sa anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che parla delle “tante domande poste da quella tragedia” rimaste senza risposta: “Sarebbe davvero imperdonabile che possa rimanere impunita”, aggiunge però Meloni. Mentre anche il vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, parla dell’attesa nella sentenza di primo grado per invocare una riforma della giustizia.
Per il crollo del Ponte Morandi il rischio prescrizione
Il punto lo aveva sottolineato in udienza a marzo il pubblico ministero Walter Cotugno: il rischio prescrizione “per alcune dei reati più gravi” è dietro l’angolo. Mancavano, allora, 500 testi da sentire e tutti i 58 imputati avevano chiesto di parlare. Così il rischio è di proseguire con le audizioni fino al dicembre del 2025, poche settimana prima delle prescrizioni per omicidio colposo.
Ieri a confermare questo timore è stato anche Piacente, che ricorda come le indagini possano “portare all’estinzione dei reati per prescrizione”. E per il crollo del Ponte Morandi i tempi per una sentenza o anche solo per la requisitoria del pm potrebbero allungarsi fino alla “fine del 2024”. Già a ottobre 2023, inoltre, andranno in prescrizione “le ipotesi più datate di omissione di atti d’ufficio”. Insomma, non è una caso che Piacente sottolinei che “il giudizio della storia è inevitabile, a quello non ci si può sottrarre”. Ma forse a quello dei tribunali sì.