L’11 agosto il governo ha dichiarato la sua disponibilità a incontrare le opposizioni sul salario minimo. Davide Aiello, membro M5S della commissione Lavoro della Camera, ci andrete?
“Ci saremo, anche se ci sembra una trovata mediatica, un maldestro tentativo di mettere una pezza dopo mesi di dichiarazioni e atti parlamentari con cui governo e maggioranza si sono opposti coriacemente al salario minimo. Penso alla premier Meloni che lo ha definito ‘uno specchietto per le allodole’ e ‘uno slogan’, o al ministro Tajani che parlato di misura da Urss. Per non parlare dell’emendamento con cui FdI, Lega e Forza Italia volevano cancellare il testo della nostra proposta, che alla fine non si è votato solo perché alcuni sondaggi hanno rilevato l’alto gradimento degli italiani per il salario minimo costringendoli al dietrofront. Vedremo cosa avranno da dirci venerdì”.
Cosa vi aspettate e quali sono le basi per poter avviare una reale trattativa?
“Che il confronto sia serio e che il governo valuti la nostra pdl nel merito. Anche in questo caso, i presupposti non sono dei migliori: ho letto una dichiarazione del capogruppo di FdI alla Camera Foti che dice ‘sì al confronto, no al compromesso’, e un’altra del ministro Ciriani secondo cui le posizioni economiche e culturali di maggioranza e opposizione sono troppo diverse. Il punto qui è migliorare le condizioni di vita di quasi 4 milioni di lavoratrici e lavoratori, non l’ideologia”.
Dalla maggioranza finora non sono arrivate proposte fatta eccezione per quella di Forza Italia che non fissa una soglia minima oraria, ma punta ad adeguare i salari non coperti da contratto collettivo a quello previsto dal contratto nazionale leader per il settore di riferimento. Perché è una proposta insufficiente?
“La pdl di FI non risolve i problemi esistenti. Faccio un esempio: se la proposta passasse, i vigilantes continuerebbero a percepire un salario di 4,6 euro lordi l’ora: il loro contratto, difatti, è sottoscritto dalle parti sociali più rappresentative. A conti fatti, non cambierebbe nulla: un maquillage”.
La maggioranza vi anche accusato di esservi svegliati adesso con la proposta contro il lavoro povero. Come replicate?
“Falso. Il M5S presenta proposte di legge per introdurre il salario minimo legale dal 2013. Per anni abbiamo condotto questa battaglia da soli, ora anche le altre forze di opposizione si sono accodate. Se qualcuno non si fosse messo di traverso, l’avremmo approvato nella scorsa legislatura”.
È vero che il salario minimo affossa la contrattazione collettiva e livella i salari verso il basso?
“No. La nostra pdl stabilisce due cose: che al lavoratore di ogni settore sia riconosciuto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative, in modo tale da rafforzare la contrattazione; che il trattamento economico minimo del contratto stesso non possa mai essere inferiore a 9 euro lordi l’ora. Per intenderci: se un Ccnl oggi ha una retribuzione minima di 7 euro, questa salirà a 9 euro; ma se essa è fissata a 11 euro tale resterà. Dunque, non potrà mai esserci uno scivolamento verso il basso dei salari”.
Reddito di cittadinanza. La ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha ribadito che l’sms col quale a migliaia di persone è stato revocato il sussidio non l’ha scritto lei e che poteva essere differente.
“Dopo questa ammissione, Calderone avrebbe dovuto rimuovere la commissaria Gelera che invece è ancora al suo posto. Ricordo che l’Inps è fra gli enti vigilati dal Ministero del Lavoro, perciò la ministra non può cavarsela con lo scaricabarile ma deve assumersi le sue responsabilità”.
Cancellare il diritto al reddito di cittadinanza, dice Libera, espone anche le persone al ricatto del welfare mafioso.
“È così. Da siciliano, ricordo le intercettazioni di alcuni boss mafiosi che si lamentavano perché il Rdc aveva tolto loro manovalanza. Ora c’è il rischio che nelle aree più povere del Paese queste persone tornino ad ingrossare le file della malavita organizzata. Sono molto preoccupato di ciò”.
Il governo è arrivato impreparato a un appuntamento annunciato mesi fa con la legge di Bilancio.
“Malgrado le promesse, il governo ha smantellato il Reddito di cittadinanza per mere ragioni ideologiche senza garantire a chi lo avrebbe perso corsi di formazione per trovare un lavoro. Mancano la piattaforma e finanche i decreti attuativi. Sette mesi persi, un ritardo che si somma a quello relativo al potenziamento dei Cpi: le Regioni, 15 delle quali governate dagli stessi partiti che a Roma sostengono Meloni, avrebbero dovuto completare il Piano varato dal Conte I entro il 2021, invece alla fine dello scorso anno erano stati assunti solo il 37% degli 11.600 nuovi operatori previsti”.
Sempre la ministra Calderone ha detto che “ci sono prospettive reali sul fronte del lavoro. I dati Unioncamere dicono chiaramente che tra luglio e ottobre prossimo c’è una disponibilità e una mobilità di oltre 1 milione di posti di lavoro”. Condivide questo entusiasmo?
“Chi fa il ministro del Lavoro dovrebbe evitare discorsi semplicistici. Innanzitutto, queste presunte assunzioni vanno controbilanciate dalle cessazioni; in secondo luogo, generalmente le aziende che rispondono ai sondaggi del bollettino Unioncamere segnalano la ricerca di profili specializzati: come noto, nella maggior parte dei casi chi riceve il Reddito di cittadinanza ha una carenza di competenze”.
Secondo i dati Anpal, a giugno 2023, a sei mesi dalla presa in carico su 145mila percettori di Reddito di cittadinanza appena il 7,7% di loro aveva trovato un impiego. Un po’ pochini, non le pare?
“Questi dati si riferiscono ai percettori di Rdc inseriti nel programma Gol, facente parte del Pnrr. Ricordo che circa il 71% di loro ha un titolo di studio che non supera la terza media, e che solo uno su 10 è immediatamente rioccupabile. Questa è la realtà, il resto è propaganda spicciola”.