Staccarsi di dosso l’etichetta del neofascismo per Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia resta una dura impresa. E a dimostrarlo, ancora una volta, è il caso di Marcello De Angelis, capo della comunicazione della Regione Lazio secondo il quale nella strage di Bologna “non c’entrano nulla Fioravanti, Mambro e Ciavardini”.
Per Meloni il tentativo di ripulire la sua immagine e quella del suo partito si fa sempre più complicata. Seppure è vero – come ribadisce la linea ufficiale del partito – che De Angelis non è iscritto del partito, così come non lo è il presidente della Regione, Francesco Rocca, il problema politico rimane.
Il caso De Angelis è un’altra grana per Meloni
Per De Angelis la matrice neofascista nella strage di Bologna non esiste. Parole in contrasto con tutte le sentenze e con il forte richiamo degli scorsi giorni del capo dello Stato, Sergio Mattarella.
Per Meloni il problema politico è evidente. Conosce De Angelis da tempo e non solo per la politica: il fratello Renato è stato il suo ex fidanzato. La rabbia della presidente del Consiglio viene testimoniata da più parti, anche perché tutti conoscevano il passato e le idee di De Angelis che è stato comunque assunto nello staff di Rocca.
Secondo la Repubblica, Meloni avrebbe chiamato Rocca dicendo di aspettarsi un passo indietro da parte di De Angelis, cosa che invece non è avvenuta. E ha chiesto di non coinvolgere non solo lei, ma neanche Fratelli d’Italia nella vicenda.
Anche agli alleati di governo Meloni chiede il silenzio, sottolineando che Rocca e De Angelis sono tecnici e non sono interni al partito. Il problema è anche interno, perché dentro Fdi non manca un pezzo di partito che dà ragione a De Angelis sulla strage di Bologna. Un’ala che di fatto lo difende e rende più difficili le sue dimissioni.