Il Presidente Mario Volanti rappresenta un caso davvero unico in Italia: è il solo conduttore che sia riuscito a far diventare la propria radio una delle più ascoltate del Paese rimanendo sempre ben saldo sia al posto di comando che dietro al microfono.
Quanto coraggio e visione del futuro ci sono voluti per immaginare una radio di sola musica italiana nel 1982, in un momento di piena esterofilia? Ha dubitato in qualche momento di aver fatto questa scelta?
“Amo e ho sempre fatto musica italiana. Ho iniziato a suonare la chitarra a 11 anni, ho fatto per tanto tempo il musicista, ho fatto due Festival di Sanremo e poi sono arrivato in una radio di Milano, Radio Metropolis. Ho sempre avuto l’idea precisa di fare la musica italiana in radio. Non mi sono mai pentito della scelta: sono passati 41 anni e stiamo ancora qui a parlarne. Ero straconvinto che fare, in Italia, una radio di sola musica italiana fosse un’ottima idea e quindi ho iniziato, come tutti gli altri in quel periodo, a costruire in modo molto artigianale, anche fisicamente, la radio”.
Il suo è l’unico caso di un editore che continua a essere ogni giorno speaker nella propria radio. Come trova il tempo per conciliare tutte queste attività?
“Beh, in realtà sono l’unico speaker che poi si è fatto la radio. Come detto, prima ero musicista, poi nel ’77 ho incominciato a fare la radio da conduttore (termine che preferisco alla parola inglese speaker), ho fatto esperienza e poi mi sono costruito la radio su misura, in base a quelli che erano i miei desideri e ho avuto la fortuna, e anche la capacità, di realizzarla. Quindi la mia “prima parte” è quella di conduttore, quella figura storica, quasi preistorica, ma bellissima, che con esiste più, adesso siamo in mano ai computer e lo stesso lavoro di speaker è diverso. Quanto al conciliare tutte le attività dipende da come fai le cose e da quanto tempo ci impieghi. Adesso sto rientrando da una registrazione, partenze, tour, l’altro giorno alle 10,30 avevo dei clienti, alle 11 un consiglio di amministrazione di TER che misura le indagini, alle 15 l’assemblea dei soci per l’approvazione del bilancio. Faccio tanto, sì, ma c’è gente che lavora più di me, sicuro”.
Molti artisti sognano di essere trasmessi dalle radio nazionali. Con un’offerta di tantissime produzioni quali sono i criteri per entrare a far parte della vostra programmazione?
“Deve essere compatibile con tutto il resto. La radio viaggia su basi fondate ormai da 30 anni. Ci sono i successi e su quelli non si discute. Quando esce Blanco con Mina, lo ascolti e dici: questo sarà un successo ed è così. Quando arriva Fedez con i suoi amici estivi sai già che sarà un successo. Poi ci sono le cose sulle quali hai un dubbio e lì vai a capire che cosa succede in quel quadro generale di 24 ore al giorno, se ci sta bene o no, ascolti, valuti e poi decidi se inserirlo”.
Con il diminuire delle radio locali si assottiglia anche il bacino di utenza da cui pescare nuovi talenti. C’è un rischio per l’inevitabile ricambio generazionale?
“Non c’è questo pericolo perché oggi sul mercato l’80% di conduttori sui grandi network ha una buona esperienza alle spalle e tutti fanno ancora bene il loro lavoro, vedi Linus, Marco Galli, tra gli altri. Non devi scendere in campo e avere fiato; devi parlare, avere la testa e la voce. Quindi, al momento, non c’è la necessità di tanto ricambio tra i conduttori. A me arrivano settimanalmente un paio di richieste di collaborazione da parte di speaker. Io ho dei conduttori abbastanza giovani, abbiamo preso ultimamente due ragazzi che trasmettono il pomeriggio. Se mi arrivassero 3 o 4 giovani bravi, oggi non saprei dove inserirli perché non possiamo fare le fasce da 25 minuti. La radio ha delle dinamiche che sono quelle dei tempi. Prima che tu riesca a farti apprezzare dal pubblico è necessario che passino degli anni. Una volta raggiunto un certo equilibrio, sulla coppia soprattutto, è complicatissimo trovare una sostituzione. Perché cambiare qualcosa che funziona? In questo momento sono molto soddisfatto, penso di aver raggiunto l’equilibrio che mi piace e che, spero, il pubblico gradisce. Non credo che ci sarà un problema legato al fatto che, eventualmente, l’emittenza locale si vada a ridurre, ci sono ancora circa 400 emittenti locali”.
I vostri live sono un modo per portare la radio in mezzo alla gente…
“La prima cosa che ho realizzato, appena avuta la possibilità e lo spazio per farlo, è stato il nostro Music Place, un posto dove si potesse fare musica ad altissimo livello. Son partito nel 2000, con la serie di Cologno abbiamo fatto 700 live per poi arrivare a Piazza Duomo. Per i 25 anni di Radio Italia, al Forum, siamo stati i primi a fare uno show con l’Orchestra Sinfonica col Maestro Bruno Santori. Adesso, dal 2012, siamo in Piazza Duomo, la struttura è gigantesca, non è solo il palco, è pure tutto quello che sta intorno, è uno sforzo veramente pazzesco. Siamo andati a Palermo con la stessa struttura che parte da Milano. Ai nostri live non assistono solo i ragazzi, la cosa che mi fa più piacere sono le famiglie, quindi anche persone meno giovani che, alla fine di un concerto che è durato oltre 4 ore, ti dicono “grazie”. Per me, così, il risultato è raggiunto”.