Dai suoi trascorsi come modella e volto delle televisioni musicali ha ereditato la capacità di occupare la scena con la massima disinvoltura, approdando anche al mezzo radiofonico con lo stesso spirito di sacrificio che ha sempre contraddistinto il suo carattere volitivo. Giulia Salvi, voce di Radio Virgin, si racconta.
La tua carriera comincia come VJ su All Music. Ricordi di quel periodo?
“Avevo 18 anni e avevo desiderato ardentemente quel lavoro da quando ne avevo 9. Ho cominciato da zero, le cose da imparare erano davvero tante, ma sapevo che ce l’avrei fatta. Anche se, soprattutto all’inizio, parlare davanti alla telecamera non era semplice, anche per la poca autostima che si ha quando si è poco più che una bambina, in una città nuova, da sola. L’aiuto dell’autore, Alexio, fu salvifico. Nelle interviste i cantanti italiani erano sempre lo scoglio più grande, con la loro spocchia, saccenza e autocelebrazione, soprattutto i “quasi famosi”. Nel 2007 arrivò la mia prima intervista a un gruppo internazionale, i Babyshambles, capitanati da Pete Doherty. Fu incredibile! Vivere di musica era diventato reale. Capii che le vere rockstar erano artisti fragili ma con una grande anima, quasi sempre gentilissimi e con tanto da condividere e insegnare. Capii in fretta che il panorama internazionale era ciò che mi interessava davvero, il resto lo avrei lasciato volentieri agli altri. In quel periodo cominciai a frequentare il giro Indie Rock milanese e conobbi personaggi davvero assurdi. Vidi così sia il lato professionale del music business che il “dietro le quinte”, le storie di successo e/o rovina di molte persone. Ero salita sul carrozzone delle tv musicali quando queste erano già sulla via del tramonto, quindi ero felice, ma consapevole che presto avrei dovuto reinventarmi…”
Come nasce il tuo rapporto con Virgin Radio e come si è evoluto nel tempo?
“Una sera conobbi Ringo alla sua festa di compleanno, mi parlò di Virgin Radio, una novità che aveva avuto un debutto sfolgorante. Servivano nuove reclute e il Ringaccio diede il mio numero alla direzione. Mi chiamarono dopo un paio di giorni, ma ci vollero mesi prima di firmare il contratto: dal 25 febbraio 2008 (compleanno di Ringo) al 10 giugno! Sarò eternamente grata a Ringo e Paola Maugeri per avermi insegnato un mestiere che è diventato uno stile di vita. Cominciai con “Rock In Translation”, pillole in cui mi occupavo di tradurre i testi dei brani, poi nel 2009 arrivò “Virgin Generation”, co-condotto con Andrea Rock, collega – amico – fratello, e nel 2016 mi venne affidata la fascia quotidiana lunedì – venerdì 11-14. Essere al timone di “Personal Giulia” e poter parlare in radio, non solo di musica, ma anche di attualità, moda, lifestyle, trend, diritti e temi importanti, ma sempre con un taglio leggero, mi rende molto orgogliosa”.
Tra le tante interviste realizzate quale ricordi con particolare piacere?
Ce ne sono molte, ma quella a cui ho anelato per anni e che più mi ha segnata è stata quella con Dave Gahan dei Depeche Mode. Fu il 21 novembre del 2021. Lo incontrai a Londra per il nuovo album del progetto Soulsavers e fu meraviglioso. Incontrarlo di nuovo lo scorso mese di marzo a Sanremo è stata la conferma della maestosità di questo essere immenso, che mi riconobbe e mi regalò l’intervista più bella che io abbia mai realizzato. Ma non c’è due senza tre…”
Hai anche un’intensa attività di esibizioni dal vivo, come vedi la situazione della musica live in Italia e lo stato della musica attuale in generale?
“L’ambiente italiano mi ha sempre creato parecchie difficoltà sul lavoro. Il rock nel 2023, in tutte le sue sfaccettature, è più vivo che mai, si sperimenta, si fonde, si contamina, diventa fluido. Ma non in Italia. Sono certa che la scena tricolore abbia anche dei pregi, ma chi resta all’interno dei nostri confini si crogiola nella propria nicchia con scarsi risultati. Trovo che nel nostro Paese gli altri generi siano molto più innovativi del rock. Ci sono molti artisti che stimo e apprezzo e spero un giorno di potermi occupare anche di grandi della musica italiana, al di là della radio, dalla quale penso non mi separerò mai”.
Visto dall’esterno il tuo lavoro sembra il più bello del mondo; in realtà non mancano sacrifici e fatica…
“Il mio lavoro è il più bello del mondo! I sacrifici fanno parte del pacchetto, ma ogni mestiere fatto ad alti livelli ne comporta. Io sono una stacanovista da sempre. Da ragazzina ero consapevole che non avrei avuto una vita fatta di divertimenti e leggerezze come i miei coetanei, perché mi sono sempre sobbarcata, da sola, grandi responsabilità. Ad esempio, quando al liceo a Modena i miei compagni andavano in gita o erano a casa per le vacanze, io venivo a Milano e iniziavo a gettare le basi della mia vita post-scuola. Mi sono trasferita immediatamente dopo la maturità, vivevo a Milano Nord in una stanza doppia condivisa, con un bagno solo e altre 5 persone in casa. Lo rifarei mille volte. Lavorare sodo a qualcosa e vederne i frutti è una soddisfazione talmente grande che vale molto più di qualsiasi vacanza o svago. E poi miro sempre molto in alto: ogni volta che vedo l’avvicinarsi di un obiettivo, penso già a quello successivo, ovviamente più ambizioso e alto. Ma sono fiduciosa di poter avere, in un futuro non troppo lontano, anche la possibilità di concedermi una bella vacanza, cosa che non faccio da 12 anni”.