La premier Giorgia Meloni ha aperto al confronto sul salario minimo ma anche detto che “è un bel titolo, funziona molto bene come slogan, ma nella sua applicazione rischia di creare dei problemi”. Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro della Camera, come valuta questa posizione?
“È del tutto evidente che Giorgia Meloni per la prima volta è costretta a inseguire le opposizioni. Mi pare si tratti di un finto confronto nel momento in cui parla di slogan sfuggendo dal confronto di merito. Vuol dire che non sta aprendo a una discussione ma sta provando a fuggire dalla realtà. Che in questo Paese si chiama bassi salari, lavoro povero e che la scelta che noi abbiamo indicato di un salario minimo legale di 9 euro lordi l’ora entra anche nel suo elettorato. Perché stando ai sondaggi la domanda di una protezione per i salari bassi è altissima anche tra i suoi elettori. E non c’è famiglia in cui non ci sia un componente che non viva la condizione di povertà lavorativa. Dunque questa è una destra che è arrivata impreparata a questo appuntamento”.
Antonio Tajani, secondo cui il salario minimo è roba da Unione sovietica, si smarca pure dalla Meloni presentando in autonomia una proposta per alzare i salari bassi. L’idea principe è adeguare ai contratti collettivi tutti i contratti dei lavoratori.
“Tajani corre ai ripari per una battuta infelice soprattutto per chi fa quel mestiere, ovvero il ministro degli Esteri e dovrebbe avere la capacità di collegare il pensiero alle parole e di misurare le parole. L’Unione sovietica non c’entra nulla: 21 Paesi Ue su 27 hanno il salario minimo legale. Sarebbe paradossale sostenere che un Paese come la Germania sia protagonista di una politica economica sovietica, a meno che non si pensi che la Merkel, che ha portato il salario minimo a 12 euro l’ora, sia una pericolosa bolscevica. La verità è che non vogliono affrontare il nodo dei salari poveri. Parlano di contrattazione collettiva ma non rinnovano i contratti per 6,8 milioni di lavoratori. E non hanno letto la nostra proposta che aggancia già il salario minimo ai contratti collettivi nazionali più rappresentativi prevedendo una soglia minima di garanzia sotto la quale non si possa andare. Mettono davanti la detassazione fiscale e non il diritto di ciascun lavoratore ad avere un salario legale orario per legge sotto il quale il lavoro è considerato sfruttamento. Io credo nella contrattazione collettiva nazionale ma forse le destre qualche domanda se la dovrebbero porre se il sindacato europeo più grande ovvero la Cgil dice sì a una legge sul salario minimo e sulla rappresentanza. I contratti pirata si cancellano così”.
Come rispondete alla proposta della maggioranza di un rinvio del dossier a settembre?
“Crediamo sia un errore. Pensiamo che la maggioranza non abbia il fisico per votare l’emendamento soppressivo dopo averlo inserito per cancellare la nostra pdl. Sono in difficoltà evidente rispetto all’opinione pubblica favorevole al salario minimo. La discussione vera ci sarà in aula giovedì. Il tempo per la riflessione c’era. Abbiamo cominciato a votare il 30 novembre scorso mozioni sul salario minimo bocciate dalla maggioranza. Ci sono stati 4 mesi di discussione in commissione. Ora il tempo è maturo. Incredibile che non abbiano una proposta unitaria. La verità è che la maggioranza è andata in difficoltà perché per la prima volta le opposizioni hanno marciato assieme”.
Perché Italia Viva non è con voi? Secondo Davide Faraone state dando “la sensazione di non essere interessati a risolvere il problema dei salari, ma piuttosto a tenere viva una narrazione come tattica elettorale”.
“Il narcisismo di Matteo Renzi difficilmente può essere diluito dentro uno schieramento dove ci sono posizioni plurali, personalità diverse. O lui è a capotavola o niente. Consiglierei a Faraone di evitare di parlare di tattiche quando si parla della vita delle persone. Si confronti nel merito della nostra proposta. È d’accordo sì o no?” Siete davvero pronti in caso di bocciatura in Parlamento della vostra proposta a portare la battaglia nel Paese? “Certo, andremo in tutte le piazze e aziende a raccogliere le firme per imporre il tema nell’agenda politica e sociale e aggiungo: ripresenteremo la nostra proposta fra sei mesi in Parlamento in caso di bocciatura”. Fratelli d’Italia ha detto che la proposta è priva di copertura finanziaria. “Frottole. La nostra proposta prevede un fondo in legge di Bilancio per aiutare le imprese in difficoltà ad adeguarsi entro un arco temporale limitato al salario minimo di 9 euro. È un altro modo per fuggire al confronto”.
Perché secondo lei le destre sono così contrarie a una legge di civiltà come questa?
“Hanno paura, perché hanno un’altra idea di competitività su scala internazionale. Loro immaginano salari bassi e precarizzazione. L’hanno dimostrato nel decreto Lavoro liberalizzando i contratti a termine e aumentando il ricorso ai voucher, che sono una forma di schiavismo. E ancora: cancellando il Reddito di cittadinanza e lasciando mezzo milione di famiglie sul lastrico. Al posto di fare la lotta alla povertà fanno la guerra ai poveri. E anche nelle cose positive che fanno, come il taglio del cuneo fiscale, mostrano limiti dal momento che questo è temporaneo”. Tra agosto e dicembre saranno spendibili i 382,50 euro della social card. “È una misura largamente insufficiente e ridicola rispetto all’erosione del potere d’acquisto dei lavoratori. Si tratta di poco più di un euro al giorno. Verrà vissuta come un regalino di una signora e di un governo che non conoscono l’impatto della povertà sulla vita delle persone. La verità è che non hanno una terapia contro la crisi economica e sociale in corso ma mettono toppe che non risolvono i problemi ma che finiscono per alimentare la guerra dei penultimi contro gli ultimi”.