Strana la storia del soldato americano che ha disertato e si è rifugiato in Nord Corea. Che c’è dietro?
Ettore Bondi
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Gentile lettore, non credo si tratti di spionaggio. Travis King, 23 anni, era un soldato semplice, non a conoscenza di segreti militari. Penso che la sua sia solo una storia umana. È un americano di pelle nera arruolatosi nel 2021. Era in servizio in Sud Corea, dove era incappato prima in una rissa da bar e poi in un alterco con poliziotti coreani e aveva preso a calci la loro auto. Messo in cella di punizione per 50 giorni, alla fine del periodo doveva rientrare negli Usa per essere processato. È scortato all’aeroporto, ma qui riesce a sgattaiolare via e scomparire. Giorni dopo ricompare in una comitiva di turisti che visitano il 38esimo parallelo, la linea che dal ‘53 divide in due il Paese. Lì arrivato, il soldato King si mette a correre nella terra di nessuno, verso il Nord. I turisti dapprima pensano a una bravata, forse per un video di TikTok. Ma coi binocoli vedono i soldati del Nord che lo bloccano e lo caricano su un’auto. Da allora è scomparso. Perché l’ha fatto? Forse ha vissuto uno di quei momenti di catarsi in cui si valuta la propria vita: affrontare un processo in patria, che l’avrebbe congedato con disonore, o affrontare l’ignoto altrove? Ha scelto l’ignoto, come l’Ulisse di Dante. E forse nella sua testa risuonava, se non la frase esatta, almeno l’eco del grande Cassius Clay che preferì la prigione all’arruolamento per il Vietnam: “Perché dovrei ammazzare i vietnamiti? I miei nemici non sono loro: sono gli americani di pelle bianca che maltrattano noi di pelle nera”.
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