Le opposizioni unite, con l’eccezione di Italia Viva di Matteo Renzi, avevano promesso battaglia. E battaglia è stata. In commissione Lavoro della Camera M5S, Pd, Verdi, Sinistra, Azione e +Europa, sono riusciti a far slittare – se ne riparlerà oggi – il voto sull’emendamento soppressivo al testo che prevede l’introduzione di una soglia minima di retribuzione di 9 euro lordi l’ora attraverso il filibustering, ovvero l’ostruzionismo. Con cui si punta a sabotare i piani della maggioranza, che punta a bloccare tutto già in commissione, e arrivare poi in Aula allo scontro finale.
Anche se una volta in Aula la maggioranza è pronta a far passare il suo emendamento soppressivo e ad affossare il salario minimo. La discussione generale a Montecitorio è in calendario per fine luglio. Qualora anche l’Aula dovesse respingere il salario minimo le opposizioni sono pronte – devono passare almeno sei mesi – a ripresentare un altro progetto di legge sul salario minimo in Parlamento. Dem e pentastellati non escludono neanche una legge di iniziativa popolare e una raccolta firme. A volere il salario minimo sono il 75 per cento degli italiani, ricorda la dem Elly Schlein.
Le sparate del governo sul salario minimo
Intanto lo scontro tra maggioranza e opposizioni si alza di livello con le ultime uscite da parte degli esponenti di governo e della maggioranza. “Molto banalmente, e lo dico con una sfumatura tecnica, questa è una proposta che non ha alcuna copertura finanziaria. Se e qualora non fossimo noi a cercare di porre un rimedio, sarà la Commissione Bilancio che darà un input negativo rispetto alla proposta, perché all’art. 7 non ci sono le coperture”, ha dichiarato il presidente della commissione Lavoro Walter Rizzetto di FdI.
Pronta la replica dei dem. “Il presidente Rizzetto si arrampica sugli specchi. L’articolo 7 dispone che sia la legge di Bilancio a definire l’impegno economico e quindi la copertura di un possibile sostegno temporaneo alle imprese che si devono adeguare al salario minimo”, scrivono in una nota i dem Maria Cecilia Guerra e Arturo Scotto. Ma è soprattutto l’infelice uscita del vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani ad alzare la tensione. “In Italia non serve il salario minimo. Serve un salario ricco, perché non siamo nell’Unione Sovietica in cui tutti avevano lo stesso stipendio”, dice l’azzurro.
La soglia minima oraria esiste in 30 Paesi Ocse su 38
Eppure 30 Paesi Ocse su 38 ce l’hanno. In Europa l’Italia resta tra i pochi Paesi a non prevedere un limite minimo di retribuzione: le fanno compagnia Danimarca, Austria, Finlandia e Svezia, Cipro. Quindi, in 21 Paesi Ue su 27 è presente. Le opposizioni hanno gioco facile a burlarsi del ministro. “Tajani dice che non serve un salario minimo, ma un salario ricco. Ricco per chi? Per politici, parlamentari ed ex parlamentari, a cui hanno ripristinato tutti i vitalizi? A Tajani e Forza Italia lasciamo le battaglie per i soliti privilegiati, noi continueremo a lottare per quasi 4 milioni di lavoratori che non arrivano a guadagnare neanche 9 euro l’ora”, dichiara Giuseppe Conte, leader del M5S.
Carlo Calenda, segretario di Azione, definisce quella di Tajani “un’imbecillità”. “Sorprende – dice – che un ministro degli Esteri non sappia che una legge sul salario minimo c’è in tutti i Paesi del G7, come gli Stati Uniti e la Francia, che non sono sovietici. La Germania, per esempio, ha aumentato il salario minimo più volte perché c’è un problema di inflazione che ha colpito le persone più povere”.
Sullo stesso tono la replica di Stefano Patuanelli (M5S): “Dunque Germania, Francia e Spagna (solo per fare alcuni esempi) per il ministro degli Esteri italiano sono l’Unione Sovietica”. Lo stesso ministro delle Imprese, Adolfo Urso parzialmente corregge il suo collega negando similitudini con l’Unione sovietica ma ribadendo che la via principe è quella della contrattazione collettiva. Tajani pensa al salario ricco ma ignora la realtà dell’Italia ai tempi del suo governo. Quattro milioni di italiani circa sono pagati meno di 12mila euro lordi all’anno. In base alle stime Svimez sono circa 3 milioni di lavoratori dipendenti al di sotto dei 9 euro di retribuzione oraria in Italia.
Di questi circa un milione sono nel Mezzogiorno. L’eventuale introduzione di un salario minimo per legge pari a 9 euro lordi l’ora – secondo i calcoli presentati dall’Istat – significherebbe aumenti per 3,6 milioni di rapporti di lavoro con un aumento medio di 804 euro a rapporto e una crescita del monte salariale di quasi 2,9 miliardi. Mentre il potere d’acquisto delle retribuzioni contrattuali continua ad arretrare con un aumento previsto nel 2023 pari al 2,5%, di molto inferiore alla crescita dei prezzi dato che l’inflazione acquisita per l’anno viaggia sopra il 6%. La stessa Confindustria non si oppone più e l’unico sindacato a dire no è la Cisl. Ma per il governo la legge sul salario minimo non deve passare.